POLITICA & GIUSTIZIA

Processo per l'ex portavoce di Appendino

La Procura di Torino ha chiesto il rinvio a giudizio per Pasquaretta, nell'ambito dell'inchiesta per una consulenza da 5mila euro al Salone del Libro. Archiviazione in vista per la sindaca

La procura di Torino ha chiesto il rinvio a giudizio per l’ex portavoce della sindaca Chiara Appendino, Luca Pasquaretta, nell’ambito dell’inchiesta sulla consulenza da 5mila euro al Salone del Libro del 2017. A Pasquaretta vengono contestati dal pm Gianfranco Colace i reati di corruzione, traffico di influenze illecite, peculato, estorsione e turbativa d’asta. Chiesta invece l’archiviazione per la prima cittadina, che era accusata di concorso in peculato, e per la funzionaria comunale Elisabetta Bove.

Secondo la procura, Appendino e la viceministra dell’Economia, Laura Castelli, sarebbero state vittime di estorsione da parte di Pasquaretta per ottenere un nuovo incarico. A scagionare la sindaca, secondo quanto si apprende, una chat tra lei e Pasquaretta, dalla quale si evince che Appendino non era a conoscenza della consulenza al Salone del Libro. In totale sono otto le richieste di rinvio a giudizio fatte dal pm Gianfranco Colace al gip, nove i capi di imputazione contestati. Tra gli altri, è stato chiesto il rinvio a giudizio per concorso in peculato anche per Mario Montalcini, ex vicepresidente della Fondazione per il Libro, e Giuseppe Ferrari, vicesegretario generale del Comune.

Appresa la notizia Pasquaretta si dice “sorpreso“. “Gli inquirenti continuano a insistere su alcuni reati per cui le presunte vittime hanno dichiarato di non essere mai state minacciate e/o ricattate da me – prosegue l’ex capo ufficio stampa di Appendino -. Accuse che respingo con forza e che ritengo offensive. Ribadisco inoltre che non ho mai chiesto nulla a nessuno, né incarichi, né lavori, né favori. Nulla di nulla. E non vedo l’ora di dimostrarlo nelle sedi opportune. Non lo dico polemicamente, ma solo perché voglio continuare a credere nella giustizia. Pensavo potessero bastare 7 ore di interrogatorio dove ho spiegato la mia posizione, portando chat, documenti e prove a mia totale discolpa. Ho spiegato chiaramente tutto. Eppure, la Procura di Torino ha chiesto il rinvio a giudizio. Fortunatamente ora tocca a me. Potrò difendermi con tutte le forze. Ho vissuto oltre 2 anni da incubo, per aver fatto cosa? Non l’ho ancora capito. Faccio fatica. Però non mi darò pace fino a quando non verrà pronunciato “il fatto non sussiste. Mi interessa solo provare la mia totale estraneità ai fatti che mi vengono contestati. Non mollerò un millimetro. Chi mi conosce lo sa benissimo”.

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