CORONAVIRUS & POLITICA

Piemonte conta sempre meno, perderà la guida della Sanità

Alle grane domestiche ora per la coppia Icardi-Aimar si aggiunge il fronte interno alla Conferenza delle Regioni. Veneto asso pigliatutto si prende pure Agenas. E per il coordinamento della Commissione in pole c'è l'assessore leghista dell'Umbria, già nella squadra di Zaia

Veneto pigliatutto e Piemonte in odor di sfratto dalla sola poltrona di rango nazionale che gli è rimasta. I prossimi mesi potrebbero riservare amare sorprese guardando ai posti di comando della sanità e ai movimenti che, già avviati, potrebbero allargarsi dal giorno dopo le elezioni regionali di settembre.

Luca Zaia, nei mesi scorsi e prima dell’esplosione dell’emergenza Coronavirus, affrontata dalla sua Regione meglio di ogni altra tra quelle maggiormente colpite, aveva piazzato il suo direttore della sanità, Domenico Mantoan alla presidenza dell’Aifa. Un approdo quello del Doge della sanità, com’è stato ribattezzato per il suo indiscusso e notevolissimo potere, al vertice della potente e strategica Agenzia nazionale del farmaco arrivato quando il governatore del Veneto aveva capito che la sua disponibilità a cedere al Piemonte il suo manager si era fermata contro un muro a Torino. Anzi, dalle parti di Cuneo. L’impuntatura dell’assessore Luigi Icardi per avere Fabio Aimar alla direzione di corso Regina, arrivata a un aut aut – o Aimar o le dimissioni – aveva di fatto costretto Alberto Cirio a declinare sul dirigente amministrativo dell’Asl cuneese il suo proposito “Vogliamo il più bravo”.

Adesso Zaia raddoppia, anzi fa tris: oltre a presiedere l’Aifa, Mantoan viene anche nominato, su indicazione del ministro Roberto Speranza e dopo una serie di ostacoli posti da alcune Regioni, commissario straordinario di Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali. Mantenendo anche se ormai per il tempo necessario per fare i bagagli la direzione della sanità veneta. Prima delle elezioni che hanno portato il centrodestra a governare il Piemonte, la poltrona all’Aifa era stata prenotata dall’assessore dell’epoca Antonio Saitta, ma l’allora ministro dei Cinquestelle Giulia Grillo si mise di traverso e Saitta restò alla guida della commissione Sanità della Conferenza delle Regioni.

Quella poltrona nell’organismo presieduto dal governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini il Piemonte è riuscito a conservarla anche dopo il voto della primavera scorsa e l’arrivo di Luigi Icardi in corso Regina, ma potrebbe doverla lasciare nel giro di poco tempo. L’aria che tira non è certo quella che spinge in poppa il Piemonte. E certo non può contribuire a un eventuale quanto improbabile prosecuzione nel coordinamento della commissione più importante, insieme a quella Affari Finanziari in capo alla Lombardia, la gestione dell’emergenza che, come noto, non è stata e non è quella del Veneto.

Occupata per la prima volta dal Piemonte quando Sergio Chiamparino si dimise dalla presidenza della Conferenza delle Regioni, la posizione di coordinamento in materia di sanità non è un mistero sia ambìta da molti, incominciando dal Veneto e con l’Emilia-Romagna a ruota. Chi da tempo osserva e conosce assai bene i meccanismi della Conferenza, indica come più che degna di attenzione, in vista del cambio a scapito del Piemonte, l’Umbria. Un po’ per esclusione, visti i due posti di altissimo livelli occupati dal Veneto e la presidenza in capo all’Emilia-Romagna, un po’ (e non poco) perché a fare l’assessore nella nuova giunta di centrodestra umbra è arrivato dal Nord Est il leghista Luca Coletto, che quell’incarico prima lo aveva svolto dal 2010 al 2015 proprio nella giunta di Zaia. E in quel periodo Coletto era stato il coordinatore della commissione Sanità in Conferenza. Il suo sarebbe, dunque un ritorno, sia pure per conto di una Regione diversa. E molti sottolineano come sia ritenuta importante l’esperienza da quelle parti, non meno che la squadra di tecnici che chi coordina la sanità (come del resto le altre materie) porta in trasferta a Roma, incominciando dalla figura cruciale del direttore regionale.

Di armi per difendere la posizione ereditata in virtù di quelle dimissioni di Chiamparino, il Piemonte non sembra averne molte. Quanto sarà disposto a spendersi Cirio, per mantenere quel ruolo? La risposta a questa domanda non può tenere conto di una variabile importante che introduce un’ulteriore interrogativo: il governatore rinuncerà all’idea di immaginare un cambio al vertice della sanità regionale oppure continuerà a vedere bene al posto di Icardi Ferruccio Fazio, non a caso da lui voluto a capo della task force per riformare la medicina del territorio?

L’ostacolo all’ingresso di un esterno, come l’ex ministro, sarà superabile quando lo statuto sarà modificato alla fine di un iter legislativo che Cirio intende avviare già da giugno o, chissà, forse anche prima se ci sarà un passo di lato da parte di qualche assessore che mostra segni di stanchezza. Il presidente, al quale non sarebbe mai arrivata la tanto strombazzata (dalla Lega) telefonata di Matteo Salvini a tutela di Icardi forse confusa con un messaggio di una figura di primo piano della corte arcoriana e vicina al Capitano teso a suggerire a Cirio di non correre troppo su possibili cambi di squadra, non può nascondersi da politico navigato come in corso Regina ci sia più di un problema.

Non si ricorda un assessore finito sotto attacco praticamente da tutto il settore sanitario. Non solo i sindacati, ma addirittura gli Ordini dei medici, inusualmente intervenuti del giro di due mesi con altrettanti documenti dalla durezza inaudita. È vero che mai c’è stata un’emergenza come quella del Coronavirus, ma altrettanto vero che le falle del sistema e, prima ancora, della catena di comando regionale hanno messo in evidenza molti limiti e non poche incapacità ai vari livelli, iniziando dal vertice. Non certo superabili con scatti d’orgoglio e reazioni sopra le righe. Tutto questo a Cirio non può che essere ben chiaro, così come un calo di consensi e un fronte sempre più vasto di critiche su un tema importante come la sanità che, pur nella terribile tempesta della pandemia, non sono digeribili oltre un certo limite. 

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