ECONOMIA DOMESTICA

Bioparco Zoom, salvataggio in extremis

Il giardino zoologico alle porte di Torino, fra le prime imprese piemontesi a chiudere per il Coronavirus, si salva dalla crisi grazie a un blitz targato Ambrosini: presentazione del concordato per trovare l’accordo con il fondo americano esposto per 18 milioni di euro

Era il 2009 quando Gianluigi Casetta fondò il parco zoologico Zoom in quel di Cumiana, alle porte di Torino, uno dei più importanti d’Italia con i suoi nove habitat terrestri e due acquatici per un flusso di quasi 300mila visitatori all’anno. Ma l’emergenza da Coronavirus non ha risparmiato nessun settore e questo tipo di strutture sono state fra le primi a dover chiudere per ragioni sanitarie. Riaprirà i battenti fra qualche giorno, dopo aver superato il peggior momento di crisi dalla sua creazione.

Per capirne le radici bisogna tornare al dicembre 2018, quando il gruppo imprenditoriale stringe un accordo con il fondo americano Magnetar Capital, che ricapitalizza la holding Zoom Immersive Society con l’emissione di un bond da 18 milioni di euro. Con quei soldi la società si ricompra le quote del bioparco, in quel momento nel portafogli dei fondi Ersel Asset Management (famiglia Giubergia) e Invitalia Ventures.

Non passa neppure un anno, però, che la società, ormai priva del sostegno bancario, capisce di non essere in grado di rimborsare l’ingente finanziamento e inizia una difficoltosa negoziazione con il fondo, trattative che dopo molti mesi non portano ad alcun risultato. Prima di alzare bandiera bianca Casetta tenta l’ultima carta e si rivolge a Stefano Ambrosini, un professionista che da molti anni ha fatto delle crisi di impresa il suo pane quotidiano. L’avvocato e professore torinese, fedele al motto “la miglior difesa è l’attacco”, gioca d’anticipo e consiglia di mettere la Zoom Immersive Society in concordato, contestando al tempo stesso il contratto di finanziamento e il suo elevato tasso di interessi, divenuto rapidamente insostenibile per il gruppo. È la mossa che cambia le sorti della partita: il fondo Magnetar torna a sedersi al tavolo e pochi giorni fa sigla un accordo che dovrebbe portare la nave del gruppo Zoom fuori dalle secche, grazie a una nuova importante iniezione di denaro e l’imminente uscita della società dal concordato dopo neanche due mesi. Salvi, in questo modo, tutti i posti di lavoro nel bioparco, ma anche gli investimenti dei soci e i crediti di banche e fornitori. Il sacrificio è sulle spalle di Magnetar, che però evita di veder bruciato il proprio investimento.

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