DIRITTI & ROVESCI

Obbligo mascherine e allarmismo, strategia della tensione (sanitaria)

Da Roma a Torino, governi diversi ma identico il modo di affrontare l'emergenza: mettere la mordacchia alla gente alzando la soglia di preoccupazione. "Mai la paura ha generato atteggiamenti responsabili e razionali", spiega il medico e radicale Viale

Un’emergenza affrontata alla giornata, l’incubo di ritornare indietro, protocolli spesso irrazionali, provvedimenti che sfiorano il surreale. L’imposizione delle mascherine anche all’aperto per il week end lungo appena iniziato, decretata dal governatore Alberto Cirio è solo l’ultimo di un lungo elenco di scelte strampalate, da Roma a Torino. È la strategia della tensione (sanitaria): evocare la paura per tenere ancora per un po’ a bada la rabbia. Finché dura. Con lo spettro di un ritorno al passato, a quell’incubo che in molti ancora temono. “Siamo al ridicolo” protesta Silvio Viale, esponente dei Radicali, medico ginecologo, un ormai lontano passato da militante della sinistra extraparlamentare e consigliere comunale a Torino per i Verdi durante la stagione di Valentino Castellani. In prima fila nelle battaglie antiproibizioniste e sui diritti civili, anche in quelle più controverse (da abortista convinto viene considerato il “padre” della pillola Ru-486) è tra i pochissimi nemici dichiarati del lockdown, sin dai giorni più drammatici dell’epidemia.

Da medico e da politico: servono le mascherine all’aperto che Cirio ha imposto nei centri urbani?
“Un provvedimento dal punto di vista sanitario inutile, anche perché poi queste norme le devi far rispettare”.

Dovrebbe essere interesse di tutti rispettarle…
“Dipende da cosa imponi, la gente non è stupida. Tra l’altro questa mi pare solo una ripicca nei confronti dei ragazzi della movida o di quelli che hanno assistito alle Frecce Tricolori in piazza Vittorio”.

Assembramenti che potrebbero provocare un ritorno del virus?
“Può darsi di sì come può darsi di no, ma basta terrorizzare la gente. Pensi solo alle parole di Silvio Brusaferro (il presidente dell’Istituto superiore di Sanità ndr), secondo il quale una seconda ondata è un fatto obiettivo. Tutti i giornali lo rilanciano e lo spettro del Covid continua ad aleggiare su di noi”.

Così magari le persone si comporteranno in modo responsabile e razionale…
“Ma quando mai la paura ha generato atteggiamenti responsabili e razionali?”.

E allora perché dal Governo alle Regioni è tutto un susseguirsi di allarmi?
“Innanzitutto perché alzare la tensione sui pericoli dell’epidemia dà visibilità, porta consenso. In questi mesi di emergenza sanitaria alcuni governatori sono diventati delle star, Conte ha iniziato a occupare ogni spazio, le opposizioni praticamente sono scomparse.

Mero calcolo politico?
“C’è anche un elemento più irrazionale: il terrore dei nostri governanti di ritrovarsi nella stessa situazione di marzo e aprile e la consapevolezza, oggi come allora, di non sapere come gestirla”.

Insomma, cosa dovrebbero fare i politici?
“Spiegare alle persone che col virus dobbiamo convivere e che questo vuol dire accettare un minimo rischio. D’altronde è quello che facciamo ogni giorno quando saliamo su una macchina o una moto o una bicicletta”.

Quindi liberi tutti e speriamo in bene?
“Ma no, prendiamo delle precauzioni ma che siano razionali: il distanziamento di un metro è più che opportuno così come le mascherine possono essere utili in ambienti chiusi, lavare spesso le mani, preservare gli anziani e le persone più fragili. Il resto sono paranoie”.

Quali sarebbero le paranoie?
“Penso a tutte queste sanificazioni anti-covid in uffici che sono rimasti chiusi per due o tre mesi: cos’è un virus o Highlander? E poi ci sono i cinema ancora chiusi, così come i teatri: perché non riaprirli, con limitazioni e tutti i distanziamenti del caso? Dovremmo essere meno umorali e più razionali quando le cose vanno bene e quando vanno male”.

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