E ogni tanto torna la Dc

Non passa ormai mese che all’orizzonte si intraveda una nuova Dc, ovviamente in miniatura. Al di là di chi, da ormai 25 lunghi anni, ripropone puntualmente formule e organigrammi che cercano di scopiazzare malamente la nobile e gloriosa esperienza democratico cristiana, adesso arrivano anche i tentativi del tutto avulsi da quella tradizione e da quella concreta esperienza politica e culturale ma che, alla fine, puntano sempre a rifare l’ennesima nuova Dc, seppur in forma bonsai.

Se dovessimo riportare i commenti, autorevoli e altisonanti, rilasciati in questi anni su vari organi di informazione e nella più svariate pubblicazioni, arriveremmo ad una semplice conclusione. E cioè, a partire dal 1994, ci sarebbe stata la reincarnazione politica della Dc prima con Forza Italia di Berlusconi; poi con Democrazia Europea di Andreotti e D’Antoni nel 2001; quindi con la Lega di Bossi e a maggior ragione con quella di Salvini; e poi addirittura, senza alcun pudore, con il partito di Grillo e Casaleggio; e, in ultimo, con il futuro partito di Conte. Senza contare, come ricordavo all’inizio, le decine e decine di tentativi - ovviamente tutti falliti - di simpatici e anche generosi esponenti ex democristiani che periodicamente danno vita a qualche sigla che ricorda il magistero politico, culturale e istituzionale della Democrazia Cristiana.

Ora, senza farla lunga, credo che almeno 3 telegrammi li possiamo stilare. Innanzitutto la Dc è stata, come ricorda un autorevole esponente di quel grande partito, Guido Bodrato, “un prodotto storico”. E quindi, una esperienza politica che va collocata storicamente e che non si può semplicemente e banalmente riproporre come se nulla fosse.

In secondo luogo un partito come la Dc non si inventa a tavolino. È stato, infatti, la Dc, il frutto di un pensiero, di una definita cultura politica e con una qualificata, autorevole ed espressiva classe dirigente. Nulla a che vedere con i cartelli elettorali che di volta in volta vengono messi in piedi in questi ultimi tempi e che dipendono, quasi esclusivamente, dalle fortune e dalla popolarità del capo e del guru di turno.

In ultimo, la Dc si è dissolta per ragioni politiche e storiche. Riproporla, semplicemente, non è più possibile. Altra cosa, del tutto diversa, è attingere a quella cultura politica, a quel giacimento di valori e a quel magistero politico e istituzionale nell’attuale fase storica. Questo, semmai, è il compito e la responsabilità di chi, del tutto legittimamente, vuol continuare a rifarsi a quel patrimonio ideale.

Ecco perché, dopo 25 anni, forse è giunto il momento per dire anche una parola definitiva sulla Dc, sulla sua esperienza storica, sul bilancio di 50 anni di governo, sulla sua classe dirigente e, soprattutto, su chi un po’ macchiettisticamente ne vuol riproporre le sembianze.

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