POLVERE DI (5) STELLE

"Nessuna alleanza con il Pd e Appendino deve ricandidarsi"

Da anti casta a forza di governo, costretti a rinunciare in nome della realpolitik a molte battaglie delle origini. Ma per Bono, fondatore del movimento in Piemonte, il M5s resta l'unica formazione innovativa del Paese. E per Torino non vede all'orizzonte un asse giallorosso

No alle Olimpiadi, prima a Roma poi a Torino. E adesso i Cinquestelle mettono gli altrettanti cerchi come aureole sul brain storming politicista celebrando sull’altare telematico di Rousseau, la versione socialmente distanziata del rituale Italia a Cinque Stelle, annuale kermesse per la prima volta senza piazza reale. Dopo aver bocciato quelle vere, chiamare la due giorni con 126 relatori e 36 aree tematiche Olimpiadi delle idee… “Questa me l’aspettavo. Battuta facile”, sorride e incassa Davide Bono, fondatore e padre nobile del grillismo piemontese.

Due legislature regionali figlie di altrettante candidature alla presidenza, ligio al limite dei due mandati e reindossato il camice del medico, resta voce autorevole, spesso autonoma ma non eretica del movimento nel quale riveste il ruolo di responsabile nazionale per l’area Regioni nella piattaforma Rousseau. Sorride alla battuta sulle Olimpiadi, incassa, ma non elude le questioni che riguardano il movimento, al Governo come nella prospettiva della competizione elettorale per il prossimo sindaco di Torino.

Bono, nei vertici dei Cinquestelle ormai è tutto un dire che il movimento è maturato, cambiato anche se questa parola è ancora un tabù. Vero è che avete rinunciato a molte battaglie e altrettanti totem sono caduti da quando siete al Governo. Dover rinnegare punti importanti delle origini e dell’azione quand’eravate all’opposizione cos’è? Un processo naturale di un partito che dalla minoranza passa a governare o una necessità?
“Un po’ tutte e due. Di fronte ad alcune battaglie che abbiamo convintamente portato avanti, quando poi siamo arrivati al governo ci siamo resi conto che non erano concretizzabili. Perché di questo ci si rende conto solo quando si è al governo. Quindi sì, la maturazione è dovuta al fatto che governiamo in tante città, e siamo al Governo nazionale. Però non è che abbiamo dovuto rinunciare a tutto, tante altre battaglie siamo riusciti a portarle avanti e ne abbiamo ancora molte”.

Sempre meno di lotta e sempre più di governo.
“Rischiando di apparire arrogante dico che il M5s è l’unica forza politica che al momento possa apportare molta novità e innovazione, per un Paese più efficace e più efficiente. Ci stiamo provando, anche se non è facile, perché qualunque cosa si faccia c’è sempre qualcuno scontento.

Però ci sono voluti i banchi di governo sui quali imparare la lezione. Lo studio continua?
“In un certo senso è vero. Abbiamo imparato che le transizioni non si possono fare con un colpo di spugna. In un Paese democratico, per fortuna, servono anni e bisogna mandar giù qualche boccone amaro”.

Avete governato con la Lega e poi, adesso, con il centrosinistra. La definizione morbida è quella di ago della bilancia, quella più dura di poltronisti.
“Oppure, se la mettiamo sul ridere, di nuova Dc. Sicuramente il novanta, novantacinque per cento di noi, non delle cose fatte con la Lega ma di come si è conclusa quell’esperienza, è pentito”.

Quindi si potesse tornare indietro e lei potesse decidere…
“Ma veda, nel 2018 non potevano dire al Presidente della Repubblica: abbiamo scherzato e non facciamo nulla. C’era sentore di un governo di minoranza, una roba assurda. Siamo stati responsabili Matteo Salvini ha carpito questa nostra fiducia usandola per fini suoi. Spero che politicamente gli torni indietro come un boomerang. Gli italiani si lasciano un po’ irretire dal politico più chiacchierone, ma dopo qualche anno capiscono”.

Quindi nessuna nostalgia del governo gialloverde?
“Per carità, passiamo ad altro”.

E allora passiamo agli attuali vostri alleati. In prospettiva vede, come auspica una parte del Pd, un’alleanza organica, strutturale con il partito di Nicola Zingaretti?
“No. E non credo ci sarà. Prova ne sia che non andiamo insieme a nessuna elezione regionale”.

Eccetto che in Liguria.
“Perché lì non c’è un governatore di centrosinistra, come per esempio in Campania dove Vincenzo De Luca ci ha sempre attaccato e continua a farlo. Quindi penso ci possa essere vicinanza di temi e di posizioni e in futuro qualche apparentamento, ma sempre accordi di mandato, non strutturale. Come non l’abbiamo fatta con la Lega non faremo un’alleanza organica con il centrosinistra, ci snaturerebbe.

Lei, finito il secondo mandato e ligio alle regole, è tornato a fare il medico. Pensa che anche Chiara Appendino dovrebbe fare altrettanto oppure serve un superamento di quel limite, che ancora rimane tra le vostre regole?
“Ovviamente, non decide Appendino. Io credo, però, che il limite dei due mandati a livello comunale, dove un primo è stato svolto all’opposizione, sia da superare, a Torino a Roma e altrove. Se si è amministrato bene o male lo decideranno i cittadini. Dare l’opportunità di fare un secondo mandato da sindaco penso sia doveroso. Se Appendino, come la Raggi, ha lavorato bene o male lo decide il movimento a livello locale stabilendo se ricandidarla o no, ma soprattutto i cittadini con il voto”.

Torniamo all’alleanza con il Pd, ma guardando alla prossima primavera. Lo scorso maggio, Appendino aveva spiegato di non escludere di poter allargare l’orizzonte lasciando intendere una possibile apertura ai dem, pur mantenendo sulla ricandidatura la riserva da sciogliere in autunno. C’è chi ipotizza e pure caldeggia l’alleanza già al primo turno. Lei che ne pensa?
“Io non ne vedo il motivo. Alle comunali c’è il ballottaggio e, tra l’altro, quale figura ci unirebbe al centrosinistra che ha fatto un’opposizione, giustamente, dura in questi anni ad Appendino? Se ci sarà una discussione, consiglierò di non farlo”.

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