La destra impunita

Un’esplosione squarcia l’aria, cancella edifici e spezza vite umane. Sono le ore 10 e 25 di sabato 2 agosto 1980: la violenza terroristica nera si abbatte sulla stazione ferroviaria di Bologna. Ottantacinque corpi rimangono a terra. Le vittime straziate sono caricate su alcuni autobus delle linee cittadine trasformati in furgoni mortuari (83 corpi in realtà, poiché di una mamma con la sua bimba non rimane traccia; vennero poi ritrovate alcune loro parti anatomiche solo nel dicembre seguente), mentre i 200 feriti vengono portati a sirene spiegate negli ospedali bolognesi.

Una miscela micidiale di tritolo T4 ha distrutto la sala d’aspetto dei viaggiatori di seconda classe (di certo i neofascisti non avrebbero colpito la prima, la classe dei ricchi). La sua forza devastatrice ha investito pure il treno Ancona-Chiasso, in sosta al primo binario. Squadre di Vigili del Fuoco, forze dell’ordine e volontari hanno cercato senza sosta, tra la polvere e le macerie, quel che rimaneva dei viaggiatori. In quelle drammatiche ore, un’Italia avvilita si è stretta intorno al suo Capo di Stato.

Ricordo molto bene quelle immagini. All’epoca ero un quindicenne che assaporava le vacanze estive, ma  trascorsi quel sabato davanti allo schermo televisivo. Rimasi incredulo e scioccato alla vista di bus gialli, simili a quelli in circolazione a Torino, i cui finestrini vennero coperti da teli per impedire di poter distinguere i cadaveri ricomposti al loro interno: vittime innocenti provenienti da almeno cinquanta città diverse (alcune anche dall’estero).

Bologna era ancora la metropoli Rossa per eccellenza. Il capoluogo di una regione dove il Pci rappresentava una speranza collettiva, nonché una stabile maggioranza di governo. Non è un caso sia stata scelta quella zona pubblica per compiere la strage; non è neppure una coincidenza che l’Italia, nei giorni in cui esplose la bomba, avesse un Presidente ex partigiano: l’indimenticabile Sandro Pertini.

Non ci volle molto tempo per capire quale fosse la matrice politica dell’atto criminale e, al pari, fu immediatamente chiaro come la storia italiana si preparasse ad accogliere (tra le sue pagine più  vergognose) l’ennesima carneficina senza colpevoli.

L’indagine si presentò complessa sin da subito. I processi si protrassero per anni con vicende contraddittorie, dando addirittura modo a diversi politici di destra (incluso il Presidente della Repubblica Francesco Cossiga) di contestare la targa posta all’ingresso della stazione che definisce l’atto sanguinoso “Fascista”. Alla fine di contorte traversie giudiziarie gli assassini, tutti legati alla militanza politica nera, sono stati finalmente individuati. Il 9 gennaio 2020 la Corte d’Assise di Bologna ha condannato l’ex Nar Cavallini all’ergastolo (il quale si aggiunge a Francesca Mambro, Valerio Fioravanti e Luigi Ciavardini). Quarant’anni per dare un nome e un volto ai terroristi neofascisti che massacrarono tutte quelle persone.

L’Italia è il Paese in cui l’ex brigatista nero Licio Gelli ha ordito e disfatto tutto quello che voleva, aiutato da politici e banchieri; è il Paese del crack dell’Ambrosiano e di Calvi in fuga; è il Paese di Piazza Fontana, dell’Italicus, di Brescia e dei tanti eccidi senza mandanti. Cambiano i governi, crollano i muri, ma sulla nostra  penisola una sola cosa sembra non mutare mai: l’impunità dei terroristi e degli stragisti dell’estrema destra.

Lo Stato dimostra in modo continuativo una curiosa, quanto sospetta, assenza di interesse nel perseguire  alcuni personaggi legati alle trame della cosiddetta “Internazionale Nera”. Una sorta di rete di sostegno  mutualistico riservata ai militanti neofascisti che un tempo aveva quali sostenitori il generale Franco in Spagna (nazione alleata alla Nato), le dittature fasciste del Sud America e la Grecia del regime dei Colonnelli. Attualmente pare che “l’Internazionale” abbia la propria base a Londra.

La capitale inglese infatti ha ospitato per lungo tempo, e ancora ospita, le sedi di società commerciali la cui

vera attività, come denuncia tra i tanti il figlio di Roberto Calvi, è quella di dare un rifugio ai latitanti dei Nar e di altri gruppi eversivi neri. Nelle inchieste avviate dalla DIGOS si fa riferimento a un complesso di aziende economicamente molto forte, grazie anche alla considerevole dotazione immobiliare di cui dispone, creato dal fondatore di Forza Nuova ai tempi della sua latitanza.

Il banchiere Roberto Calvi venne rinvenuto impiccato presso il ponte londinese dei Frati Neri (ucciso probabilmente per gli intrecci tra la P2, l’Istituto per le opere religiose e il Banco Ambrosiano) e in quella metropoli si snodano pure alcuni fatti legati alla recente inchiesta “Mafia Capitale”: un inquietante insieme di aziende legate a Carminati, neofascisti romani, appalti. A Londra agiscono i protagonisti di intricate trame e strategie politiche attuali, come bene dimostra l’avvicinamento tra ex terroristi e Belsito, l’ex tesoriere della Lega. Nomi che però partono da tempi lontani, facili da rinvenire anche nelle inchieste sulla famigerata Banda della Magliana.

Rivedendo le immagini dell’arrivo a Fiumicino dell’ex terrorista rosso Cesare Battisti ammanettato, e udendo le parole di esultanza espresse dai ministri Bonafede e Salvini, si ha la certezza matematica di come questo nostro Stato voglia chiudere i conti esclusivamente con alcuni fenomeni criminosi, mentre pare non abbia la minima intenzione di farlo con altri. Per un Battisti catturato ci sono decine e decine di latitanti neri, e stragisti, che vivono serenamente all’estero. Ricercati che curiosamente operano (e con successo) in attività economico-finanziarie senza neppure fare lo sforzo di nascondersi. Lo Stato in questi casi guarda altrove.

Molti giovani aderiscono al fascismo nella convinzione di essere parte di una forza rivoluzionaria. L’inganno in cui cadono è grande: i loro maestri sono quasi tutti nel libro paga dei vari “Servizi” europei e comunque protetti da quelle democrazie occidentali che dicono di voler abbattere.

Strano Paese il nostro. Forse, il 25 aprile del 1945 è in realtà la data di inizio di un vergognoso tradimento perpetuato dalle istituzioni repubblicane.

print_icon