DOPO IL COVID

Rsa, pronto il piano della Regione: integrate nella medicina territoriale

Le case di riposo non più strutture "isolate" ma inserite nella rete ridisegnata dalla task force di Fazio. L'ex ministro ha consegnato il documento a Cirio e Icardi. Per realizzarlo servono 15 milioni in più

Il presidente della Regione e l’assessore alla Sanità hanno un piano. È quello sulla medicina del territorio che Ferruccio Fazio ha consegnato ad Alberto Cirio e Luigi Icardi rispettando la data di fine luglio indicata come dead line per il lavoro della task force guidata dall’ex ministro della Salute, la cui attività è stata peraltro prorogata nei giorni scorsi dalla giunta.

Rafforzamento della rete territoriale, con i medici di medicina generale messi in condizioni migliori per operare, incremento del personale infermieristico e di quello degli operatori sociosanitari, ma anche una migliore e più efficiente sinergia tra lo stesso territorio e la rete ospedaliera, alla cui riforma sta lavorando l’altra task force, quella guidata da Giovanni Monchiero. I dettagli delle proposte e indicazioni elaborate dalla commissione Fazio e ora nelle mani di governatore e assessore non sono ancora noti, ma oltre agli interventi appena citati una parte molto rilevante, purtroppo anche alla luce di quanto accaduto nei mesi scorsi, riguarda le Rsa.

Il lunghissimo elenco di decessi in quelle che un tempo si chiamavano case di riposo per effetto del Coronavirus ha tragicamente riproposto una serie di problematiche che trascinatesi negli anni, non possono più attendere soluzione. C’è da gestire quella che, soprattutto in queste strutture per la fragilità degli ospiti resta ancora un’emergenza tant’è che tra le raccomandazioni di Fazio c’è quella, che egli stesso non nega sia “molto pesante, ma necessaria”, di proseguire con il divieto di uscita per gli anziani per evitare possibili contagi. Ma c’è pure da rivedere questioni che se attengono al rischio Covid sono comunque anche strutturali.

In questo ambito ricade la nuova classificazione delle tipologie di ospiti, in base alla quale stabilire le prestazioni, che sarà ridotta di numero. E poi il tema dei medici: affidare a personale della Rsa la cura degli ospiti o ai medici di famiglia. Su questo l’ex ministro, insieme ai membri della commissione, ha un’idea chiara: “Riteniamo che debba essere il medico di medicina generale a dover gestire anche questa parte importante della rete territoriale. Ciò non significa affatto che le Rsa non debbano avere un direttore sanitario, una figura che invece riteniamo indispensabile anche alla luce di quanto accaduto nei mesi scorsi”.

Strutture considerate a tutti gli effetti delle “unità territoriali” inserite nella rete sanitaria: questo appare il futuro delle Rsa quando le indicazioni della task force verranno recepite e applicate. Per Fazio, questo ruolo si concretizzerebbe anche in “un’auspicabile osmosi tra Rsa e posti di continuità assistenziale”, ovvero quel passaggio assai delicato dopo le dimissioni ospedaliere che, per vari motivi, non possono veder tornare a casa l’anziano e in molti casi neppure nella struttura. Nel piano si ipotizza che una parte di quei letti di continuità assistenziale che adesso formano gli ospedali di comunità (termine che non descrive un nosocomio ad hoc, bensì dei reparti dedicati nei vari presidi) possano essere collocati anche nelle Rsa.

Anche nella prospettiva di questa evoluzione delle strutture per anziani nell’ambito della rete territoriale, punto di maggior debolezza emerso nell’affrontare la pandemia, cresce il ruolo e il peso dei medici di famiglia, insieme alle altre professioni sanitarie. “Devono essere messi nelle condizioni di poter operare nel modo migliore, con strumenti e risorse”, spiega l’ex ministro della Salute. Risorse aggiuntive che si aggirano attorno ai 15 milioni di euro l’anno e senza le quali il piano predisposto dalla task force resterebbe in un cassetto. Ma Cirio ha già assicurato che quei soldi non mancheranno.

print_icon