Sì alle coalizioni, no alla confusione

Dunque, si potrebbe dire che di fronte allo spettacolo inverecondo e anche un po’ indecente della cosiddetta “nuova politica” forse sarebbe meglio ritornare di corsa alla vecchia politica. L’esempio viene fornito dalle prossime elezioni regionali. Leggiamo resoconti giornalistici che arrivano dalla Campania e dalla Puglia – ma probabilmente un po’ da tutte le parti d’Italia è così – dove si resta semplicemente basiti. Coalizioni, in particolare nel centrosinistra – almeno così pare dalle cronache che ci vengono snocciolate –  che ricordano più la cultura del pallottoliere che un’alleanza politica e programmatica che si candida per vincere, come ovvio, ma all’insegna della coerenza, della compattezza programmatica e della compatibilità fra le varie sensibilità culturali e politiche. Chiamiamole sensibilità perché abbiamo voglia di scherzare essendo tempo di ferie e vicini al Ferragosto.

Per carità, si tratta di una prassi e di una degenerazione che sono sempre esistiti nel panorama della politica italiana. E quindi non ci si può stupire più di tanto. Ma fatto in un modo così sguaiato e così spettacolare lascia basiti anche i palati più collaudati. E cioè, ammucchiate che sotto il profilo politico non dicono praticamente nulla se non la presa d’atto di salire sul potenziale carro del vincitore da un lato con un tasso di trasformismo che rasenta l’inverosimile dall’altro. Sempre stando alle cronache giornalistiche, che poi di fatto sono vere, assistiamo a dei cambiamenti politici nell’arco di poco tempo che non meritano neanche di essere commentati talmente sono grossolani e plateali. E dove la stessa pratica trasformistica finisce per essere la regola e non più una eccezione.

Ora, che dire di fronte ad un quadro così disarmante? C’è poco da dire se non una considerazione di fondo. E cioè, le coalizioni politiche, o le alleanze elettorali, sono credibili non solo per la logica del pallottoliere. Ovvero, quante liste riesci ad aggregare attorno ad un progetto di governo politico e territoriale. Ma anche e soprattutto per la valenza della proposta politica e per la serietà con cui la costruisci. Se, infatti, il trasformismo politico e personale dei vari candidati in campo da un lato e la spregiudicatezza nello sposare una causa e poi smentirla nell’arco di poco tempo con una scelta addirittura alternativa dall’altro hanno la prevalenza, è del tutto scontato arrivare alla conclusione che la stessa politica – al di là del risultato finale di quella specifica competizione – ne uscirà fortemente compromessa ed indebolita. Perché, a volte, i singoli comportamenti – pur senza mai scadere nel moralismo d’accatto – incidono con maggior profondità ed incisività rispetto ai grandi proclami e alle solenni dichiarazioni.

Ecco perché anche dalle ormai prossime elezioni regionali possiamo trarre utili indicazioni sul tanto decantato rinnovamento della politica. Perché predicare è sempre possibile e anche auspicabile. Ma quando predichi in continuazione poi devi anche essere credibile. O almeno, sarebbe consigliabile esserlo per evitare di diventare semplicemente ridicoli.

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