CORONAVIRUS

Depressi da Covid

Due persone su tre manifestano una rilevante sintomatologia ansiosa, nel 31% si sfocia addirittura nel rischio depressione. Uno studio dell'Università di Torino fotografa un ulteriore effetto collaterale del virus

Ansia, depressione, sintomi da stress post-traumatico sono alcune delle conseguenze del Coronavirus su cui hanno indagato due studi condotti dal gruppo di ricerca “ReMind the Body” coordinato dal professor Lorys Castelli del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Torino. Non solo polmoniti, dunque, il virus in modo indiretto, ha agito anche sulla salute mentale dei cittadini e in particolare di medici, infermieri e operatori socio sanitari.

Il primo studio, pubblicato sulla rivista The Canadian Journal of Psychiatry, è stato condotto su 1.321 partecipanti provenienti da diverse zone d’Italia cui è stato richiesto di compilare una serie di questionari anonimi. I risultati hanno messo in luce non solo un’elevata percentuale di individui che presentano sintomi di ansia e depressione clinicamente rilevanti, rispettivamente il 69% e 31% (in molti casi questi sintomi viaggiano in coppia), ma anche un’elevata prevalenza di sintomi da stress post-traumatico, di cui riferisce uno su cinque degli interpellati. Uno su cinque riferisce infatti la presenza di significativi Ptss che, come evidenzia la letteratura scientifica, tendono ad aggravarsi nel tempo e possono sfociare in veri e propri disturbi da stress post-traumatico. Dalle analisi effettuate emerge che i soggetti più a rischio sono le donne, i soggetti con bassi livelli di scolarità e coloro che sono entrati in contatto con pazienti Covid-19 positivi.

Il secondo studio, condotto sugli operatori sanitari e pubblicato sul Journal of Evaluation in Clinical Practice, è stato condotto su 145 operatori sanitari (72 medici e 73 infermieri), confrontando i sintomi psicopatologici (ansia, depressione e sintomi da stress post-traumatico) tra gli operatori sanitari che stavano lavorando nei reparti Covid-19 (63), vale a dire con pazienti Covid positivi, e quelli che lavoravano in altre unità ospedaliere (82) e non erano quindi a contatto con pazienti Covid positivi. I risultati hanno messo in luce che i primi riportano livelli significativamente più elevati sia di depressione sia di Ptss rispetto ai secondi. Inoltre, tra i professionisti sanitari impegnati nei reparti Covid-19, l’essere donna e l’essere single rappresentano fattori di rischio per i sintomi depressivi mentre l’essere donna e avere un’età più avanzata sono associati a maggiori livelli di sintomi da stress post-traumatico.  

Questi risultati, oltre a evidenziare l’impatto drammatico dell’epidemia in atto sulla salute mentale della popolazione italiana e in particolare sugli operatori sanitari impegnati in prima linea nella lotta al Covid-19, evidenziano la necessità di mettere in atto tempestivi programmi di screening, volti a identificare le persone con livelli di psicopatologia clinicamente rilevanti. È infatti noto che i disturbi psicologici/psichiatrici, come la depressione, possano avere un peso importante anche sulla salute fisica. Le persone che sviluppano depressione, ad esempio, hanno maggiori probabilità di andare incontro a determinate patologie mediche, come l’infarto del miocardio. La presenza di sintomi psicopatologici clinicamente rilevanti non rappresenta quindi solamente un problema di per sé ma ha ampie ricadute a lungo termine sulla salute psico-fisica dell’individuo. 

Il celebre motto dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) “There is no health without mental health”, “non c’è salute senza salute mentale”,ben fotografa la necessità di prendersi carico oggi di questo disagio, affinché non si cronicizzi e non si traduca nel tempo in un più generale peggioramento della salute psicofisica, con i costi umani, sociali ed economici che ne conseguirebbero. Lo Spazio di Ascolto dell’Ateneo torinese, promossoe coordinato dal dipartimento di Psicologia,rappresenta un utile esempio di questo modello, che andrebbe valorizzato ed esteso.

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