Una vittoria annunciata

Ho preferito non fare campagna elettorale referendaria in questa rubrica, per cui non mi sono schierato apertamente a favore di una delle parti contrapposte. A cose fatte non posso però evitare alcune amare considerazioni.

I sostenitori della riforma hanno risposto in massa alla chiamata alla armi, come Crociati diretti in Terra Santa, attaccando massicciamente gli avversari. L’accusa lanciata di continuo a coloro che si esprimevano pubblicamente per il “No” era semplice, ma di grande effetto: “Siete a favore della Casta”; “Difendete le poltrone perché vivete di politica, grazie a cui mangiate”. L’idea che si voleva trasmettere agli elettori era quella di un combattimento sleale, poiché all’idealismo della pulizia etica (da non confondere con quella “Etnica”) si contrapponeva un manipolo di servi pagati da chi si crogiolava nei privilegi.

Gli insulti, e gli sfottò, a volte si alternavano a gravi accuse rivolte alla classe politica. Molti infatti puntavano il dito verso il Parlamento, accusato di essere un covo di individui dediti al malaffare. Secondo questi ultimi l’unica soluzione in grado di fermare il decadimento delle istituzioni democratiche sarebbe quella di ridurre i seggi degli eletti, di cacciare dalle Camere un buon numero di deputati e senatori.

I cavalli di battaglia dei sostenitori del “Si” erano purtroppo estremamente deboli, ma di sicuro effetto nell’opinione pubblica.

Di norma una casta obbligata a ridurre il numero dei suoi adepti non scompare nel nulla, ma anzi si rafforza grazie al suo trasformarsi in un’aggregazione esclusiva: una sorta di “Supercasta”. Il club non soffre in seguito a una contrazione del numero di soci iscritti, soprattutto se le entrate nei bilanci rimangono sostanziose, ma tende a rafforzare il nucleo dei soci fidati e al contempo liquidare chi solitamente “disturba il manovratore”, ossia i critici che nulla risparmiano al gruppo dirigente (in questo caso l’esecutivo).

La carenza di poltrone comporterà varie conseguenze non sempre positive. Ad esempio, i candidati saranno costretti a spendere cifre astronomiche per affrontare campagne elettorali all’ultimo sangue. Scontri dove rimarranno a terra, senza vita, le persone più umili, coloro che si gettano anima e corpo nelle cause sociali (e non nella costruzione di clientele affidabili). Il taglio favorirà quindi la classe agiata: i facoltosi potranno esprimere indisturbati i loro rappresentanti, i quali godranno di indennità immutate e benefit, mentre il popolo rimarrà alla porta per chiedere spiccioli e piccoli favori a chi l’attraverserà.

Il secondo slogan in voga tra i promotori della decurtazione di deputati e senatori è incredibilmente paradossale. Un assioma strampalato che recita “Le Camere ospitano personaggi in gran parte loschi. Riducendo il numero degli eletti miglioriamo l’ambiente e inoltre risparmiamo risorse pubbliche”. Secondo questa ipotesi (facendo un confronto) l’autorità di pubblica sicurezza che si imbatte in un locale, bar o sala gioco, frequentato da malavitosi non deve ordinare il sequestro e la chiusura dell’esercizio commerciale, ma semplicemente impedire l’ingresso a un terzo dei clienti/criminali usuali.  

Il ragionamento del “Si” portato alla sua logica conclusione non lascia spazio ad alcuna mediazione, e conduce a un inevitabile epilogo: per estirpare il malcostume non vi è alternativa a quella di chiudere il Parlamento e affidare lo Stato a un gruppo ristretto di persone, magari un triunvirato oppure un duce.

Il risultato del referendum ha effetti immediati. Alle prossime elezioni politiche saranno minori per i cittadini le possibilità di essere rappresentati alle Camere. Sarà infatti necessario un maggior numero di preferenze per eleggere un parlamentare e i voti “non utili” (le frazioni) saranno cestinati, non consentendo in tal modo l’esercizio democratico a migliaia di persone.

La prossima mossa del potere sarà certamente quella di proporre agli italiani il passaggio dal modello “Democrazia parlamentare” attuale a quello della “Democrazia presidenziale” (come già annunciato da Fratelli d’Italia). Affidare il governo a un solo individuo e relegare le assemblee a blandi ruoli di controllo sul suo operato. L’ultima riforma a compimento di un piano di delegittimazione dei consigli nonché a favore di tutti gli esecutivi.

L’Italia del futuro sembra scaturita dalla mente di Licio Gelli anziché da quella di Sandro Pertini: l’ultima beffa nei confronti di chi ha liberato il Paese dalla morsa nazifascista.

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