Basta con i piani di carta straccia
Claudio Chiarle 07:30 Mercoledì 07 Ottobre 2020
C’era, c’è ancora, un direttore di stabilimento di una nota azienda metalmeccanica torinese che negli incontri sindacali per la prima mezz’ora decantava i successi dell’azienda e i suoi ottimi risultati. “Ma allora pagate il premio di risultato meglio dell’anno corso?”, sollecitavamo noi sindacalisti. A questa fatidica frase eseguiva una virata degna di Azzurra e cominciava a elencare problemi e carenze, rischi chiusura, la Cina…. Eccetera.
Prendo spunto da questo esempio per ricordare che uno degli aspetti fondamentali nella gestione aziendale sono le relazioni sindacali, che diventano tanto più importanti in situazioni di crisi strutturale e pandemica. Però bisognerebbe uscire dall’allarmismo. Vedo che Confindustria con il suo presidente sta abbassando i toni e nella nostra realtà metropolitana, da parte imprenditoriale, non c’è stato un allarmismo imperante. In altre parti d’Italia certamente sì, se diamo un’occhiata alla zona est della Lombardia.
La crisi pandemica rischia un rimbalzo, anzi sta già rimbalzando in modo preoccupante ma contemporaneamente ci sono segnali di recupero sui dati industriali che confermano il superamento della fase più acuta del primo e secondo semestre 2020.
Se Torino e la sua area metropolitana deve fare sistema è ora che tutti i soggetti sociali e politici diano segnali in tal senso. Dispiace vedere che la Regione Piemonte incontri, con tutti i suoi assessori, Confindustria e ignori, abbastanza serialmente, il sindacato. Tra l’altro, essendo già passati un po’ di giorni probabilmente Il giovane presidente di Confindustria Piemonte, spero di no per lui, sarà già passato dalle entusiastiche affermazioni in cui rimarcava l’attenzione ai temi posti, al progressivo silenzio assessoriale. Non voglio spegnere facili entusiasmi ma ricordo sommessamente che sovente, l’ho capito in anni di trattative, c’è chi nasconde il “non sapere cosa fare e decidere” dietro l’entusiasmo di chi gli fa delle proposte. È normale: se non hai idee ti piace la prima che ti propongono!
Oggi, in cui, complice il clima quasi preelettorale delle amministrative, si dibatte quotidianamente sul futuro dell’area metropolitana torinese, è quanto mai necessaria una cabina di regia delle numerose idee che proliferano per la ripartenza economica. La Regione poteva svolgere questo ruolo ma sinora non si è dimostrata all’altezza di gestire la control room.
Il tema “lavoro” è stato uno slogan, l’assessore titolare ha rivendicato il risultato dell’accordo Mahle. Ma quella soluzione era stata già preconizzata agli inizi di dicembre 2019 e si ipotizzava di concretizzarla tra aprile e maggio. C’è voluto un po’ di più, sarà mica per il contributo regionale come su Comital!?
Creare lavoro, non può essere uno slogan ma un obiettivo che ha bisogno di programmazione, pianificazione sinergica e collaborativa tra soggetti sociali, compreso il sindacato.
Attrarre investimenti attraverso aziende estere ha bisogno di atti concreti. Nella mia esperienza sindacale abbiamo firmato tanti accordi, soprattutto di gestione degli orari, come prerequisito che le aziende chiedevano per portare lavoro in Italia. Si chiama affidabilità sociale dell’impresa e del territorio.
Non servono accordi di carta straccia e, anche qui, slogan. Ogni giorno c’è chi propone un Patto per l’Italia, un patto per lo sviluppo e via discorrendo. Salvo poi scoprire che le proposte, dai soli ministeri per i finanziamenti europei superano i duecento progetti.
Ma torniamo nella nostra area metropolitana in cui bisogna fare ripartire industria e consumi e non si può fare se le imprese pensano solo al “sussidistan”. Oggi più che mai dovremmo uscire dalla dicotomia: io investo se altri finanziano. Proviamoci almeno qui, in terra sabauda e operaia; in terra di intellettuali e sapere professionale; in una terra di Santi Sociali e di figure politiche (del passato) forti, di imprenditoria lungimirante ma a volte timida.
Come si dice in gergo tecnico e progettuale: i prerequisiti li abbiamo. Occorre abbattere i muri delle fabbriche e fare respirare agli imprenditori l’aria aperta, bisogna che anche il sindacato faccia la sua parte uscendo dagli afflati ideologici di una parte di sinistra che si ostina a fare finta di non capire. Nell’azione sindacale le proposte Cisl e Fim, la storia ci insegna che sono sempre diventate patrimonio unitario le nostre idee, magari, per qualcuno, dieci anni dopo. Pazienza!
Si direbbe che siamo all’avanprogetto ma come ha sottolineato anche Giuseppe Gherzi nella sua lettera di saluto agli imprenditori lasciando l’incarico di direttore dell’Unione Industriale, questo territorio ha dimostrato quanto siano importanti le relazioni sindacali come elemento per gestire le trasformazioni e i cambiamenti nelle aziende e nel territorio. Allora occorre avere la capacità di progettare l’area metropolitana partendo dal tema “lavoro” e con una visione di prospettiva temporale medio-lunga e non elettorale, che poi se si ha la capacità prospettica si vinceranno anche le elezioni ma non viceversa.
Torino e la sua area metropolitana potrebbe diventare un “laboratorio avanzato” di sperimentazione di nuovo assetti di relazioni sindacali che abbiano il coraggio di osare e di dare contributi costruttivi. Osare nel creare occupazione più certa e meno precaria. Coraggio nel gestire buone flessibilità negli orari per dare una migliore produttività.
Saper Osare e avere Coraggio nell’uscire dagli schemi tradizionali, Bonomi rilancia l’idea che le imprese non siano più sostituto d’imposta, ma così non andiamo da nessuna parte! Per fare questo c’è bisogno anche di una politica forte, magari bipartisan; e allora purtroppo mi viene in mente il film con Alberto Sordi: “riusciranno i nostri eroi…”.