FASE 3

"Isoliamo i più deboli e gli anziani":
come evitare l'inevitabile lockdown

C'è un'alternativa percorribile al blocco totale del Paese? Per l'economista torinese Russo vanno protetti gli over 65 e i lavoratori fragili. "Vale la pena tentare". Anche perché un'ulteriore stretta potrebbe essere fatale per molti settori e imprese

Francia e Germania lo hanno già annunciato, in Italia se ne parla con sempre maggiore insistenza, il sociologo Luca Ricolfi addirittura lo auspica: ma che conseguenze avrebbe un nuovo lockdown sul Paese e soprattutto sul Piemonte per le peculiarità del suo tessuto economico e sociale? Difficile prevederne le proporzioni, impossibile negarne gli effetti nefasti per quanto, come sottolinea l’economista Beppe Russo, in un colloquio con lo Spiffero, va ricordato che si tratterebbe di una misura “di politica sanitaria” e in quanto tale gerarchicamente superiore nella scala dei valori di una democrazia che ha tra i suoi obblighi costituzionalmente previsti quello di garantire a tutti i cittadini un uguale trattamento sanitario.

Allo stesso modo però è impossibile non interrogarsi su cosa potrebbe succedere in caso di ulteriori strette da parte del Governo. Reggerà la nostra economia? E, se si, come ne uscirà?
“Innanzitutto una premessa va fatta”.

Dica dottor Russo…
“Come sottolinea l’Economist, se siamo di nuovo in questa situazione è perché c’è stato il fallimento della nostra politica sanitaria. Quanto meno la gestione della crisi è stata insufficiente, peraltro in un periodo storico in cui non c’erano vincoli di bilancio e in cui si sarebbero potuti fare investimenti importanti”.

Detto questo, cosa comporterà un possibile nuovo lockdown?
“La questione è facilmente intuibile. Noi conosciamo già gli effetti di quello precedente in cui la domanda di beni e servizi, cioè il fatturato finale, è stato decurtato di 50 miliardi. Una percentuale non elevatissima sui 1.700 miliardi di fatturato dell’azienda Italia. Ma ci sono effetti indiretti che già quest’anno, secondo le stime ottimistiche del Governo, contenute nella Nadef, porteranno il pil a scendere del 9% nel 2020. Questo vuol dire che quei 50 miliardi si sostanziano in redditi persi per 220 miliardi. Insomma, queste chiusure generano un moltiplicatore negativo superiore a 4 che è tantissimo se si pensa che gli investimenti pubblici più virtuosi in Italia generano un moltiplicatore di 1,2-1,4 sullo stanziamento iniziale”.

Possono bastare i ristori promessi dal Governo?
“Evidentemente no, perché non tengono conto delle conseguenze indirette della chiusura di un’attività, dalla più piccola alla più grande”.

Ci spieghi…
“Le faccio un esempio: se un ristorante chiude lo Stato si preoccupa di ristorare le perdite economiche dell’esercente, ma non tiene conto del fatto che quel ristorante avrà dei fornitori che perdono un’entrata, dipendenti che rimangono senza lavoro e così via. Chi si occupa dell’impresa di pulizie che perde la commessa di un teatro quando questo è costretto a chiudere?”.

Insomma, un problema di filiera?
“Certamente, ma non solo. Perché l’impoverimento economico genera un raffreddamento di tutte le attività finanziarie di quell’impresa, debiti che rischiano di deteriorarsi, mutui che non vengono accesi, investimenti ritardati”.

Un vero e proprio effetto domino economico-finanziario.
“Esatto. E poi c’è un elemento psicologico dettato dalla paura. Di fronte a una situazione di incertezza si tende a rimandare gli acquisti, soprattutto dei beni durevoli come l’auto, la cucina nuova, il grande elettrodomestico, e così si vanno a colpire anche settori che almeno momentaneamente non sono ancora finiti nelle maglie dell’esecutivo. Basti pensare che durante il precedente lockdown i depositi precauzionali sono aumentati di 50 miliardi. Soldi che mancano alla nostra economia”.

In questo contesto il Piemonte soffre più o meno di altre regioni questa crisi sanitaria che è anche economica?
“Nello scorso lockdown abbiamo perso circa 4 miliardi al giorno, se si tiene conto che l’economia piemontese vale  circa l'8 per cento di quella italiana possiamo stimare le perdite in circa 320 milioni al giorno. In più c’è da dire che il pil regionale si fonda ancora molto sull’automotive che è uno dei comparti più colpiti. Poi c’è il turismo: nel Sud Italia, dove si punta su quello estivo, la stagione è stata in qualche modo tenuta in piedi, ma noi abbiamo un turismo essenzialmente invernale, legato alla montagna e alla neve, che rischia di crollare sotto i colpi dell’epidemia”.

Ma allora come se ne esce? Come si trova il giusto compromesso tra – brutalizzando la questione – morire di Covid e morire di fame?
“È difficile, ma prima di pensare a una chiusura generalizzata c’è una strada alternativa che a mio avviso si potrebbe battere e prevede l’isolamento delle fasce più deboli della popolazione. Inteniamoci, l’idea di chiudere a casa gli anziani non mi affascina, ma ridurre al minimo i contatti con l’esterno garantendo loro una serie di servizi, come quello della spesa, potrebbe essere una strada percorribile. Inoltre andrebbero tutelati quei lavoratori che pur essendo relativamente giovani hanno patologie tali da farli rientrare nelle categorie a rischio: si potrebbe valutare di consentir loro di rimanere a casa, continuando a percepire lo stipendio. Sarebbe un esborso minimo per lo Stato tenendo conto che i lavoratori fragili sono tra il 7 e il 9 per cento”.

Così il Paese potrebbe evitare di fermarsi senza che gli ospedali collassino?
“È uno scenario che abbiamo testato attraverso un modello di simulazione agent-based (SIsaR). Abbiamo inserito una serie di dati in un calcolatore e il risultato è stato confortante. Anche perché così avremmo due tipi di risultati: ridurremmo i rischi per le fasce di popolazione più esposte, la pressione sul sistema sanitario potrebbe allentarsi e intanto il Paese non si bloccherebbe. Inoltre si potrebbe liberare qualche nuovo posto di lavoro, seppur a tempo determinato, perché le aziende dovrebbero rimpiazzare i lavoratori fragili rimasti a casa”.

Così si potrebbe evitare il lockdown?
“Io dico che varrebbe la pena provare”.

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