(Im)prevedibile seconda ondata

La cosiddetta seconda ondata non avrebbe dovuto far paura per una serie di ragioni. La prima è che la popolazione con la prima ondata è venuta a contatto con il virus e una certa percentuale, piccola quanto si vuole ma comunque maggiore di zero, è immunizzata. Seconda ragione è che scienziati e medici si sono fatti una idea del virus e per quanto non si sia sviluppato una cura definitiva hanno un'idea di come affrontare la malattia e dare delle cure adeguate. La terza ragione doveva essere e purtroppo dobbiamo ribadire il “doveva”, una migliore preparazione del sistema sanitario nazionale: ed è proprio quello che è mancato. Si è passata l'estate a baloccarsi con i banchi a rotelle e si è fatto poco o nulla per il sistema dei trasporti pubblici e per i posti in terapia intensiva. Si scopre ora che alcune gare d'appalto sono partite addirittura agli inizi di ottobre a seconda ondata iniziata. Assurdo. Bisogna precisare che il governo con la dichiarazione dello stato di emergenza si è dato i poteri assoluti che permettono di bypassare le normali procedure. In pratica possono assegnare incarichi senza gara. Per quanto si possa essere di parte non si può negare l’evidenza di un governo incompetente e senza coraggio. A pensare male sorge il dubbio che ai membri del governo interessi più la poltrona che la salute dei cittadini.

Non si capisce perché si sia investito tanto nei banchi a rotelle e non nella sanità. Il mancato uso dei fondi del Mes che era mirato proprio alla sanità è un’altra responsabilità di questo governo.

Perfino in condizioni normali la sanità pubblica italiana annaspa e ci sono code annuali per alcune tipologie di visite specialistiche anche nelle regioni del Nord, dove mediamente i servizi pubblici sono migliori. Questa crisi dovrebbe far riflettere sull’utilità di un monopolio pubblico nel settore sanitario. Tutti quanti noi con le imposte finanziamo la sanità pubblica per poi vederci appioppare dei ticket piuttosto costosi. Infine quando non si riesce a fare una visita medica in tempi ragionevoli, chi può è costretto a pagare uno specialista privato. Nei fatti si finisce di pagare tre volte un servizio che molti pensano gratis. La verità è che in alcuni casi se non si hanno i soldi per pagarsi le cure private non si riesce ad avere nessuna cura. Alla faccia della gratuità da tanti sbandierata.

Non sarebbe il caso di ripensare il sistema affiancando alle strutture pubbliche quelle private? Perché non permettere al cittadino di scegliere dove farsi curare? Si potrebbe pensare di dividere in due parti il contributo al servizio sanitario nazionale di cui una continuerebbe ad alimentare la sanità pubblica, mentre per la seconda bisognerebbe permettere al cittadino di scegliere se continuare a destinarla al pubblico o utilizzarla per una polizza sanitaria privata. In questo modo si introdurrebbe un minimo di concorrenza fra privato e pubblico e fra privati. Non credo che si possa ragionevolmente credere che l’attuale sistema sia il migliore possibile e che non si possa tentare qualcosa di diverso per migliorarlo. D’altro canto un monopolio pubblico rende più difficile la vita e la nascita di strutture sanitarie di beneficenza finanziata da donazioni private. Una struttura finanziata da donazioni può farsi carico di tutti quei casi in cui il sistema sanitario pubblico non reputa più “efficiente” erogare cure. Affidare la propria salute allo stato significa consegnargli il proprio corpo che di fatto ci viene espropriato. Circolano già idee di ridurre le cure per gli obesi o per i fumatori, che per quanto sono idee che non ci piacciono sono inevitabilmente conseguenze della sanità pubblica. Le imposte e le tasse dei cittadini finanziano il servizio sanitario nazionale e pertanto un cittadino “virtuoso” potrebbe chiedersi perché finanziare le cure per un cittadino che abusa di alcool o faccia uso di droghe o conduca una vita sedentaria e così via. Quando ci si affida ad un potere superiore non si può che rinunciare ad un pezzo della propria libertà.

Un grave difetto di avere un unico servizio sanitario nazionale è dato proprio dal fatto di essere unico e un errore al centro si propaga a tutto il sistema. Esempio lampante è la gestione dell’emergenza Coronavirus: una classe dirigente inetta ha di fatto paralizzato tutto il sistema. Un sistema centralizzato è molto esposto a rischi, perché è sufficiente una dirigenza centrale incapace per non far funzionare tutto il sistema. In un’organizzazione decentralizzata ci possono essere branche inefficienti e branche efficienti, ma è impossibile che tutto il sistema possa essere mal gestito. Lo è evidente anche in Italia dove la sanità è parzialmente regionalizzata e si nota la maggior efficienza di alcune regioni. Se si esamina la gestione dell’attuale emergenza si nota che Lombardia e Marche hanno creato degli ospedali Covid dal nulla e sono state criticate per aver speso quei soldi apparentemente inutilmente, ma adesso con la seconda ondata si trovano avvantaggiate perché hanno dei posti in più di terapia intensiva da utilizzare. Si spera che rimangono inutilizzati, ma ci sono e forniscono una garanzia in più in quelle regioni.

Alla fine arriveranno i banchi a rotelle a scuole chiuse e i trasporti saranno sempre intasati, quando ci sono tanti pullman privati fermi per mancanza di lavoro che potevano essere ingaggiati per rafforzare il trasporto pubblico e il sistema sanitario continuerà a funzionare alla meno peggio.

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