La beffa dei tamponi rapidi, niente test in farmacia
Stefano Rizzi 07:30 Lunedì 02 Novembre 2020Mancano gli infermieri promessi e in Piemonte, a differenza di altre regioni, tutto è fermo. Neppure dal medico di famiglia è possibile sottoporsi ai prelievi antigenici: "Servono prima accordi integrativi e protocolli sanitari". E così gli annunci di Cirio restano solo parole
Sui tamponi rapidi nelle farmacie, ma anche dai medici di famiglia, il Piemonte ha fatto i conti senza l’oste. Mentre la curva dei contagi continua a salire, i tracciamenti sono sempre più difficili e i ricoveri aumentano così come le code per sottoporsi ai tamponi, l’annuncio fatto dal presidente della Regione Alberto Cirio ormai più di dieci giorni fa continua a rimanere, purtroppo, solo un annuncio. "Domani, tra le prime regioni d’Italia, avremo i tamponi rapidi, quelli con un risultato in 15 minuti, che faremo fare nei laboratori privati, dai medici di base e nelle farmacie, così da dare la possibilità di fare il massimo screening possibile”. Era lunedì 20 ottobre.
Ad oggi si è allo stesso punto. Nelle farmacie i tamponi rapidi non si fanno e i medici di medicina generale stanno ancora discutendo per un accordo con la Regione. Nessuno certo pretendeva che in poche ore le parole del governatore si tramutassero in fatti, ma da qui a veder trascorrere due settimane senza che nulla sia cambiato ce ne passa. Tutta colpa della Regione? Forse no, sicuramente la colpa di aver lanciato messaggi eccessivamente assertivi e rassicuranti senza aver calcolato i possibili poi diventati concreti ostacoli questo sì. Ingenerare tra cittadini la legittima aspettativa di poter fare un tampone dal proprio medico di famiglia oppure andando in farmacia e, pur a pagamento, verificare la propria eventuale positività al virus è stata la logica conseguenza di quegli annunci che ora appaiono, perlomeno, avventati.
“A livello regionale occorre fare subito un accordo Integrativo nell'ambito del quale si possono realizzare modelli organizzativi – spiega Roberto Venesia, segretario regionale della Fimmg, uno dei principali sindacati dei medici di medicina generale – anche con il coinvolgimento ad esempio della continuità assistenziale e dell'emergenza sanitaria territoriale per l'esecuzione dei tamponi in sicurezza, in locali dedicati, da parte di chi possa dedicarsi senza gravare su una attività assistenziale caratterizzata da un impegno quotidiano senza precedenti”.
In attesa dell’accordo e dei protocolli, per ora niente tamponi negli studi dei mutualisti. Lo stesso nella farmacie, anche se in questo caso il luogo dove eseguire il test dovrebbe essere il domicilio di chi deve sottoporsi al test. Ed è qui che sono sorti subito i problemi, per nulla risolti. I farmacisti possono fornire i tamponi rapidi, ma non possono eseguirli personalmente e in moltissimi casi le stesse farmacie non dispongono di locali adeguati. Da qui la soluzione di inviare a domicilio un infermiere.
“La ditta contattata per la fornitura dei test ci aveva assicurato la disponibilità di 300 infermieri per il Piemonte – ricorda Massimo Mana, presidente di Federfarma Piemonte –. Purtroppo al momento di partire quegli infermieri non c’erano più. E non se ne riescono a trovare. Molti sono stati assunti negli ospedali, altri nelle Rsa e non sono pochi quelli che stanno andando in altre regioni, in particolare in Emilia-Romagna dove i contratti sono più remunerativi”. E proprio in altre regioni, non solo in Emilia-Romagna, ma anche in Veneto le farmacie sono già partite con il servizio di tamponi rapidi. “In Trentino dopo un primo avvio adesso il servizio sarà fornito, ovviamente con gli infermieri, da circa l’80% degli esercizi”, spiega il presidente nazionale di Federfarma, Marco Cossolo che ricorda come la sua associazione stia “cercando soluzioni alternative che rapidamente consentano di poter fornire il servizio in Piemonte”. Una è stata proposta da chi presiede l’Ordine dei farmacisti di Torino ma è anche consigliere regionale della lista Monviso, Mario Giaccone, ovvero “utilizzare gli studenti dell’ultimo anno dei corsi infermieristici, anche se sembrano esserci problemi dati dal fatto che il personale utilizzato non avrebbe ancora superato l’esame di Stato”.
Mentre la ricerca, per ora vana, di infermieri prosegue una strada che farmacisti e uffici regionali starebbero valutando è quella dell’impiego degli operatori socio-sanitari per un piano che, come ricorda Giaccone, se venisse attuato “potrebbe significare circa 3mila tamponi rapidi al giorno”. Ai quali andrebbero sommati quelli che dovrebbero essere fatti dai medici di famiglia. Né gli uni, né gli altri, dopo l’annuncio di Cirio, sono partiti.