Quasi quasi farei il sindaco

Se uno non ha di meglio sottomano può sempre candidarsi a sindaco di Torino. Sembra essere questo lo spirito che anima i civil servant nostrani a pochi mesi dalle elezioni amministrative. A luglio, il primo ad ammettere di aver pensato a correre per Palazzo Civico proprio alla vigilia del suo congedo dalla presidenza del Cese (una specie di Cnel europeo) è stato Luca Jahier. Oggi tocca a Laura Milani che nell’annunciare urbi et orbi il suo addio allo Iaad, con richieste di interviste recapitate a tutte le redazioni, a proposito del suo futuro asserisce candidamente: “Potrei fare il sindaco. Potrei fare tutto. Il mio senso di responsabilità nei confronti della società non è mai stato un segreto e partì con il mio ruolo da presidente del Museo del Cinema. Mi hanno chiesto più volte e da tutte le parti di presentarmi ma avevo laad in piena espansione e non era il momento giusto. Adesso sono libera e mi piacerebbe”.

Sia chiaro, è un bene che quanti aspirano a ruoli nell’amministrazione pubblica possano portare un bagaglio di esperienze accumulate in altri contesti professionali, così come nessuno può permettersi di sindacare, per l’appunto, tempi e modi di “maturazione” della personale coscienza politica. Eppure, simili dichiarazioni lasciano un tantino perplessi, quasi che fare il sindaco per taluni sia un ripiego, in assenza di altre più ghiotte occasioni. Sicuramente ci sbagliamo.

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