EMERGENZA IN CORSIA

Una settimana prima del collasso

In un mese i ricoveri Covid sono passati da 216 a 4.367. Per il Piemonte un tasso di crescita molto più alto rispetto a quello nazionale. Con questo andamento domenica si supereranno i 6mila posti, ben oltre la soglia limite. Altri letti dai privati. L'analisi di Fornaro - TABELLE

Tra meno di una settimana, domenica prossima, il numero dei ricoveri Covid in Piemonte oltrepasserà i 6mila, superando di oltre 400 unità il limite massimo di ricezione del sistema ospedaliero piemontese. Questo succederà se l’andamento dei numeri relativi agli ammalati che varcano le porte dei nosocomi resterà, come purtroppo assai probabile, quello delle ultime settimane.

Il temuto crash, ovvero impossibilità di accogliere pazienti, si tramuterà in tragica realtà se non si riuscirà ad aumentare in qualche modo i posti letto e, soprattutto, il personale sanitario. Quello che potrebbe accadere di fronte a uno scenario del genere riesce difficile perfino a scriverlo. Nella prima ondata, ci fu chi parlò di codice blu, un modo per dire che bisogna scegliere chi curare e chi no.

I numeri, si diceva, non lasciano spazio a interpretazioni. Un mese fa, il 4 ottobre i ricoveri Covid in Piemonte erano 216, 13 i letti di terapia intensiva occupati da pazienti colpiti in maniera pesante dal virus, 3.142 le persone in isolamento domiciliare. Quattro settimane dopo i ricoveri sono 4.367, le terapie intensive 304 e i positivi in isolamento 49.526. I dati intermedi, settimana dopo settimana, presi in esame ed elaborati da Federico Fornaro, il capogruppo di LeU alla Camera che fin dall’inizio analizza l’andamento della pandemia e i suoi riflessi sulla rete ospedaliera, indicano un aumento che disegna lo scenario peggiore per il Piemonte. 

Se l’andamento proseguirà senza quelle diminuzioni che si spera possano derivare dalle misure restrittive della zona rossa, ma per le quali occorrerà ben più di una settimana, al termine di questa i ricoveri di pazienti Covid arriveranno a 6.135 con 470 posti di terapia intensiva. E se i posti nelle rianimazioni, aldilà dell’indicare la gravità della malattia in non pochi casi non allarmano per quanto riguarda la tenuta del sistema, potendo arrivare a superare i 600 con le attrezzature a disposizione, sono i ricoveri totali a far temere concretamente un crollo del sistema ospedaliero che conta in totale qualcosa come più di 11mila posti letto totali, comprendendo ovviamente tutte le patologie. Dall’analisi di Fornaro si evince come in percentuali i livelli del Piemonte, nell’ultima settimana, siano decisamente più alti rispetto alla media nazionale: i ricoveri sono cresciuti del 40,5% rispetto al 33% nazionale, le terapie intensive del 55% contro il 36% e gli stessi isolamenti fiduciari del 51% rispetto al 41,3%. Se il 4 ottobre i ricoverati in Piemonte erano il 6,57% del dato nazionale, un mese dopo, l’8 novembre, sono diventati il 16,52%. Il tutto a fronte di un numero di positivi del 9,7% di quelli italiani.

LE TABELLE DEL CONTAGIO IN PIEMONTE

“Altro che polemiche per la zona rossa, è l’allarme per il Piemonte ad essere rosso”, dice senza troppi giri di parole il parlamentare con evidente riferimento alle posizioni critiche assunte dal governatore Alberto Cirio e dalla maggioranza rispetto alla decisione del Governo sulle misure più restrittive da applicare alla regione. “La fortissima preoccupazione è accentuata – aggiunge Fornaro – dal fatto che siamo di fatto all’inizio di un periodo che sarà assai più lungo rispetto a quello dell’esordio della pandemia. Questa settimana sarà decisiva per la tenuta del sistema sanitario piemontese e credo che vada fatto ogni sforzo, incominciando dal chiedere un intervento massiccio e rapido della Protezione Civile e dell’Esercito per fornire strutture e personale, prendendo in considerazione anche strutture dove poter alloggiare i pazienti le cui condizioni consentano la dimissione dagli ospedali pur sempre garantendo un’assistenza medica”. 

Mentre si stanno cercando di accelerare il più possibile i lavori per realizzare l’ospedale capace di ospitare circa 500 posti nel padiglione di Torino Esposizioni, ieri sono stati nuovamente riconvocati i rappresentanti delle associazioni della sanità privata. C’era anche Cirio al Dirmei a chiedere al presidente regionale di Aiop Giancarlo Perla e a quello di Aris (che rappresenta le strutture religiose) Josè Parrella di incrementare i posti nelle cliniche già messe a disposizione nelle scorse settimane per ospitare pazienti Covid. La risposta è arrivata, con i titolari delle strutture in videoconferenza, in alcune centinaia di posti letto oltre a quelli già forniti. In alcuni casi un’intera clinica viene trasformata in Covid hospital, come per la Eporediese di Ivrea e la Sant’Anna di Casale Monferrato, che vanno ad aggiungersi alla Salus di Alessandria. Aumentano i posti anche nelle strutture private di Torino, così come nella casa di cura Villa Igea di Acqui Terme.

È una corsa contro il tempo, dopo averne perso non poco la scorsa estate, quella per cercare di evitare il collasso degli ospedali, non indenne da confusione, approssimazione e sortite improvvide. Come quella sull’impiego dei medici al posto degli infermieri su cui, solo dopo le fortissime proteste di tutte le organizzazione sindacali e dello stesso Ordine dei medici, è intervenuto l’assessore Luigi Icardi cercando di mettere una pezza su uno squarcio firmato da ben cinque dirigenti della macchina dell’emergenza. Provvedimenti e decisioni che non aiutano a correre nella giusta direzione. E che, purtroppo, non alimentano affatto la speranza di poter evitare il disastro. I numeri sono chiari, le previsioni altrettanto, il tempo è pochissimo.

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