In strada per tornare in classe,
da Torino "Schools for future"
12:15 Venerdì 13 Novembre 2020
Si diffonde in tutta Italia la protesta di Anita, la dodicenne della media Calvino. "Non chiediamo il 100% in presenza, ma che la Dad non sia la norma". Perché "l'istruzione è un confronto collettivo". E dopo la ministra Azzolina anche Conte strizza l'occhio ai ragazzi - FOTO - VIDEO
Parte da Torino la protesta contro la Dad dei ragazzi e delle ragazze di “Schools for future”, il movimento nato su ispirazione dei “Fridays for Future” di Greta Thunberg. Questa mattina si sono ritrovati fuori dalla scuola media Italo Calvino e dal liceo classico Gioberti, in Via Sant’Ottavio, davanti a Palazzo Nuovo, decine di studenti. Con i loro computer, i loro tablet e i loro libri seguono le lezioni a distanza, ma in strada e non a casa; chi seduto per terra, chi sui gradini degli istituti chiusi. All’aperto, come stanno facendo da giorni le due dodicenni della Calvino, Anita e Lisa. Sono loro le prime ad aver lanciato questa forma di protesta giorni fa, sedute al banco, da cui si alzano solo al termine delle lezioni.
“Qualcosa è cambiato dopo questi giorni – dice Anita contenta di vedere altri ragazzi in strada con lei – c’è più coscienza tra gli studenti, ma anche nelle persone più grandi”. La dodicenne è stata paragonata a Greta perché è considerata il volto del neonato movimento. “Io però non voglio essere famosa, voglio solo tornare a scuola”, si schermisce. “Mi ha chiamato la ministra Azzolina – racconta la giovane – ed è molto contenta che ci sia qualcuno che vuole tornare a scuola. Si è complimentata e ha detto che si organizzerà per far tornare i ragazzi a scuola”.
Sulla scia di Torino, oggi studenti in piazza anche a Milano, e precisamente davanti alla sede della Regione Lombardia. Chiedono la riapertura delle scuole in sicurezza e segnalano l’incongruenza della serrata degli istituti a fronte di tante altre attività giudicate meno essenziali che rimangono aperte. Ci sono “profumerie aperte e scuole chiuse”, per Silvia Spirito del Carducci, per la quale “è incredibile che a differenza di tutti i paesi europei che hanno puntato sulla scuola, in Italia sia la prima cosa che ha chiuso”. Inoltre, “non è possibile che ci siano studenti di serie A e di serie B, c’è chi ha situazioni difficili a casa o che non ha i mezzi per seguire adeguatamente la Dad”.
Una delle questioni più “calde” è quella della mobilità. “I trasporti affollati sono un problema”, afferma Giulio Soetje del Volta, “ma bastava organizzarsi per turni scaglionati e sarebbe stato risolto. La riapertura delle scuole inizialmente non ha portato al rialzo dei contagi, perché le scuole erano luoghi messi in sicurezza. Il governo può e deve prendersi l’impegno di riaprirle prima possibile”.
In piazza ci sono studenti da Volta, Carducci, Einstein, Parini, Tito Livio, sotto la sigla “Studenti Presenti” che li raggruppa e che intende proseguire la mobilitazione nelle prossime settimane. “Vogliamo protocolli sanitari ben precisi per ogni scuola, in modo da tornare in sicurezza a lezione”, afferma Sveva Pontiroli del Volta. “Non chiediamo il 100% in presenza, ma che la Dad non sia la norma”. Di sicuro “continueremo i contatti con i parlamentari sensibili alle nostre ragioni nei prossimi tempi”, conclude Pontiroli.
A Firenze ci sono Pietro e Simone di 18 anni. “Stiamo davanti al nostro Liceo Galileo, ci siamo portati il telefono per fare lezione con le cuffie, ci siamo organizzati. Noi riteniamo che non si possa fare lezione a distanza a lungo: si può apprendere qualcosa ma l’istruzione è un confronto collettivo, seguire in classe e tutt’altra cosa. Per noi la didattica a distanza può essere un modo di stare fermi quando la didattica frontale è infattibile ma vogliamo garanzie che il prima possibile rientreremo in presenza, vogliamo tornare a fare scuola come è sempre stata pensata, la forza della scuola è la presenza”. Pietro è anche preoccupato per gli esami di maturità che lo attendono a giugno: “Noi ancora non sappiamo come sarà la maturità e ci preoccupa un altro possibile stop nella seconda metà dell'anno scolastico”.
Sulla questione scuola, è intervenuto anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, parlando all’evento Cgil Futura 2020. “È importante mantenere la didattica in presenza, anche perché i dati del governo dimostrano che la scuola, di per se stessa, non è un focolaio di contagio”, ha detto. “Dobbiamo essere molto franchi sulla scuola. Le nostre ricerche ci dicono che le scuole di per se stesse non sono focolai di contagio”. Insomma, “abbiamo un approccio molto pragmatico. Ovviamente c’è anche però il valore ideale della formazione in presenza, la relazione personale tra docente e alunni e fondamentali. Non vi sarà sfuggito che nelle zone rosse abbiamo cercato di mantenere il presidio delle zone elementari e anche delle medie. Mandarli a casa sarebbe stata veramente una grossa perdita”. Ha concluso il premier: “Poi è chiaro: quello che avviene intorno alle scuole, prima e dopo, può costituire un focolaio. Ecco perché dobbiamo puntare al rispetto delle regole – mascherine, igienizzazione – però l’esperienza empirica ci dimostra che i ragazzi rispettano molto le regole. Certo, poi nel fine settimana vediamo delle immagini…”.