Covid: Caritas Torino, frustrazione rischia diventare rabbia

"Quello che registriamo in questo momento è fondamentalmente frustrazione, ma stiamo vedendo, soprattutto nelle periferie o nei comuni limitrofi, crescere un senso di abbandono che può essere interpretato come l'anticamera per un senso di rabbia. Il problema è che non vedo, in questo momento, istituzioni capaci di gestire questo sentimento per veicolarlo verso una modalità positiva e propositiva, dunque temo possa nascere qualche cosa di poco gradevole, ma non sono in grado di dire di che tipo e spero di essere smentito". Così, ai microfoni di Radio Veronica One, il direttore della Caritas diocesana di Torino, Pierluigi Dovis. Fondamentale, per Dovis, il ruolo delle istituzioni che, afferma "in questo momento devono esserci e non devono dimenticare l'aspetto sociale. Quello sanitario e' certamente prioritario - osserva - ma non si possono disgiungere i due aspetti, altrimenti dentro la crisi sanitaria ne nasce e si sviluppa una crisi molto più endemica, e che rischia di diventare strutturale, quella che divide la città in una città che galleggia e in una che finisce sott'acqua. E questo non deve capitare".  

Sulle nuove povertà che stanno emergendo con la crisi dovuta all'emergenza sanitaria, il direttore della Caritas torinese intervistato a Radio Veronica One, ricorda, ad esempio, le persone che lavorando in nero "si sono trovate a non avere più nessuna entrata e quindi sono venute a chiedere aiuto. Stanno inoltre emergendo - aggiunge - fragilità di alcune professioni, esempio quelle legate alla stagionalità, il lavoro nei campi, la cultura, il turismo, che si sono trovate in una situazione inedita. Ci stiamo approcciando a persone che non erano mai venute a chiedere il nostro aiuto e quello che dobbiamo fare e' essere un ponte verso il futuro non un cammino che inesorabilmente li porta a diventare degli assistiti". Dovis spiega poi che "nella prima ondata abbiamo registrato in alcune mense un incremento fra il 60 e l'80% di persone. In questo momento è meno significativo, anche perché è partita da meno tempo, ma ciò che temiamo - spiega - è che la qualità delle richieste che ci verrà fatta da adesso in poi sia, negativamente parlando, molto maggiore di quella del primo lockdown dove la richiesta era fondamentalmente generi alimentari. Adesso - conclude - temiamo che sia anche di sussistenza per la casa, le spese sanitarie e correnti ma anche per il mantenimento della relazione intra familiare e per la vita sociale". La Caritas conta 15 mense, con una media di 3 mila pasti al giorno, e una rete di parrocchie che distribuiscono pacchi a circa 19 mila famiglie.

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