Ecco come "viaggia" il Covid

L’andamento della mobilità in Piemonte, nella provincia e nel comune di Torino da febbraio 2020 ad oggi ha un andamento fortemente segnato dall’avvicendarsi dei vari provvedimenti di lockdown che, con modalità ed intensità diverse, si sono susseguiti fino alla scorsa settimana.

Nella figura sottostante l’andamento dei flussi di mobilità ad oggi (dall’1 febbraio al 15 novembre) è raffrontato assumendo come baseline prima il periodo pre-covid 13 gennaio-16 febbraio, e poi il periodo di lockdown 22 marzo-3 maggio. Si nota subito che ad oggi in tutti e tre i livelli territoriali il livello di mobilità resta più basso rispetto a quello pre-covid, ma sensibilmente più alto di quello della fase di lockdown. Si nota anche come già a partire da giugno, ma soprattutto da settembre fino alla dichiarazione di zona rossa di novembre, i flussi di mobilità hanno prima raggiunto e poi abbondantemente superato quelli antecedenti la pandemia.

Fig. 1 - Fonte ENEL X – City Analytics

Il primo lockdown generalizzato “puro e duro” è stato alla base di una drastica caduta dei livelli di mobilità, che già a partire dal suo, di fatto, allentamento (fase di concessione di ampie deroghe alle aperture produttive) ha iniziato a risalire prima lentamente e poi in maniera molto importante. Le nuove misure, culminate nella zona rossa di novembre, stanno facendo nuovamente ridurre i flussi di mobilità, ma non in maniera così vertiginosa come con l’entrata in vigore del provvedimento di marzo.

È interessante l’andamento che si riscontra con la ripresa delle attività a settembre, che prima ha una evidente impennata e poi cresce ancora, seppur molto più lievemente, fino ad ottobre, quando si raggiunge l’acme in tutte e tre i raggruppamenti territoriali.

Se analizziamo, a livello regionale, la curva del totale di positivi al Covid 19, già ad occhio (ma le analisi statistiche lo confermano inequivocabilmente) si vede un parallelismo netto fra l’andamento della mobilità e quello della diffusione del contagio, in particolare ritardando il primo di 15 giorni è possibile vedere la relazione non giorno su giorno, che non ha significato, ma quella fra numero di positivi e flussi di mobilità antecedenti di 15 giorni (in gergo creando una variabile cosiddetta “lag”) periodo che sappiamo essere quello in cui si manifestano i contagi. Cresce la mobilità e cresce il numero di positivi e viceversa. A flussi di mobilità maggiori corrisponde una maggiore circolazione del virus e viceversa. È in particolare impressionante il quasi parallelismo fra caduta della mobilità a marzo e flessione e appiattimento della curva dei contagi a partire dai 15 giorni successivi.

Questo parallelismo si manifesta tuttavia in fase di appiattimento della curva dopo il primo lokdown e in forma inversa nel recentissimo scatto dei contagi successivo alla crescita della mobilità registrata a partire da settembre. Non si manifesta invece nel periodo successivo alla fine del primo lockdown, in cui rispetto ad una crescita forte della mobilità la curva dei contagi resta piatta, senza tuttavia mai abbattersi totalmente, con il virus “quindi che covava sotto le ceneri”. Una ipotesi potrebbe essere quella che i fenomeni di contagio sono assimilabili ad un modello cosiddetto “fire forest”, ovvero alla diffusione degli incendi boschivi; questo  modello prevede che l’intensità della frequenza degli incendi è legata alla presenza di focolai innestati dall’esterno (es. fulmini) che quando si intensificano nel tempo e a fronte del fatto che gli incendi si trasmettono molto più velocemente di quanto non crescano gli alberi e che questi, a loro volta, vengono colpiti da un fulmine solo raramente,  generano incendi le cui proporzioni diventano via via incontrollate, secondo una sorta di auto-organizzazione slegata da fenomeni esterni e totalmente quindi autogenerata (le cosiddette “Self Organized Criticality”). Nel periodo successivo a maggio sembrerebbe quindi che l’effetto del lockdown si sia manifestato soprattutto avendo “decimato” i focolai, in particolare scongiurandone la loro attivazione sia perché sono venuti meno via via i diffusori (le “scintille”), sia perché questi trovavano sempre meno “alberi” a cui appiccare il fuoco.

Un’altra spiegazione, concomitante, risiede sicuramente nella massa critica di comportamenti virtuosi raggiunta, in particolare per quanto riguarda l’uso di mascherine, che hanno consentito di sedare la diffusione del virus, il distanziamento fisico, le misure di igiene personale, la maggior cautela nell’istaurare relazioni. Sicuramente ha anche giocato nel mantenere gli effetti positivi del lockdown il perdurare di modalità di lavoro da remoto.

Fig. 2 – Fonte ENEL X e Ministero della Salute. La curva della mobilità è stata shiftata di 15 giorni, ovvero nella figura la data del 9 ottobre relativa al numero totale di contagi di quel giorno - a partire dal quale si è registrata l’impennata dei contagi - è fasata rispetto ai flussi di mobilità registrati 15 giorni prima, ovvero il 25 settembre.

L’impetuoso aumento della mobilità avvenuto dopo l’estate sembra aver rinfocolato l’accendersi di “scintille” e soprattutto la quantità di “alberi a cui dare fuoco”, generando l’innescarsi di fenomeni incontrollati di diffusione del contagio. Nel linguaggio delle reti si sono nuovamente create reti lunghe – spezzate durante il lockdown (in particolare quelle verso il Sud) – che sono ricomparse a causa della maggior circolazione, e che venute in contatto con reti corte tornate dinamiche ne hanno riattivato la loro funzione di diffusione a “piccolo mondo”, portando alla situazione attuale. Si è quindi rigenerata una nuova “Self Organized Criticality” molto più efficace della prima, a fronte di un sistema antagonista al contrario poco dotato di capacità organizzativa.

Analizzando puramente la diffusione del contagio in Piemonte, al netto quindi del suo impatto su ricoveri, letalità ecc. emerge e si conferma con estrema nettezza la strettissima correlazione che essa ha con i flussi di mobilità ed il carattere di forte determinazione che questi hanno nei suoi confronti. Altrettanto evidente è la correlazione con l’andamento, il susseguirsi, la tipologia e l’intensità degli interventi che condizionano i flussi di mobilità. Gli effetti, anche duraturi, delle misure “più dure” sono del tutto evidenti anche solo a livello di analisi visiva dei fenomeni.

Ne conseguono inoltre altre considerazioni. Le “mezze misure” sono pericolose: creano comunque effetti sul sistema economico, accentuano il livello di incertezza, non arrivano mai a dispiegare i loro effetti compiutamente. Secondo, da sole non bastano, creano una tregua, un “periodo di grazia” come quello, non breve, che abbiamo avuto da maggio a settembre, che si doveva utilizzare per approntare misure ideone per fronteggiare attrezzati le ulteriori prevedibilissime ondate. C’era in particolare tempo per mettere a punto in condizioni ideali processi, metodologie e strumenti, persone formate per la gestione del Contact Tracing. L’autorganizzazione dei sistemi biologici e sociali ha prevalso sulla non-organizzazione degli uomini.

*Marcello Bogetti, direttore LabNET – Scuola di Amministrazione Aziendale Università di Torino

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