EMERGENZA SANITARIA

Covid, la Regione dà i numeri
(e nessuno ci capisce niente)

I dati che arrivano con il bollettino giornaliero appaiono poco affidabili e non riescono a fotografare la situazione reale dell'epidemia. Ferretti: "Serve maggior chiarezza per rendere l'opinione pubblica consapevole". Perché non rendere noti i valori dei 21 parametri?

Quante persone sono state contagiate nelle ultime ventiquattr’ore dal Covid? Quanti sono stati i ricoveri in ospedale? E quelli nelle terapie intensive? E i decessi causati dal virus, ieri, a quanto ammontavano? Sembrerà paradossale ma non lo sappiamo. Viviamo su un ottovolante di emozioni dettate da informazioni e dati che spesso non fotografano la realtà. Un po’ per la loro incompletezza un po’ perché troppo soggetti a fattori esterni. Ieri per esempio in Piemonte abbiamo avuto 3.476 nuovi contagi, quasi duemila in meno di venerdì. Evviva! Anzi no. Come non detto. Ieri i tamponi sono stati meno di 16mila mentre venerdì erano 22mila. Insomma, va meglio o peggio di tre giorni fa? Non si sa.

E i dati sui contagi sono solo uno dei tanti esempi di quanta fatica faccia una persona normale a capire. Per due o tre giorni, per esempio, in Piemonte ci siamo illusi (qualcuno, non tutti) che, appena approvato il nuovo protocollo per le cure domiciliari (puf!) i ricoveri in ospedale erano crollati. Un incremento di sole 12 unità sabato, 19 domenica… siamo vicini al picco. Pronti per la discesa? No. Ieri la doccia fredda: +153. Che succede? Nulla, semplicemente non erano stati conteggiati nel week end i ricoveri nelle cliniche private dove la Regione manda frotte d i pazienti, essendo vicini alla soglia di saturazione i nosocomi pubblici: parliamo di 1.200 posti messi a disposizione dalla sanità accreditata e in gran parte già occupati, mica qualche decina. Dunque, via l’euforia dei giorni scorsi, ma nessuna paura: con numeri da spalmare su vari giorni (travasando un centinaio di ricoveri sulla settimana scorsa) comunque negli ultimi sette giorni la frenata c’è stata. E i dati sui Covid Hotel? Sono già compresi in quelli che abbiamo a disposizione o arriveranno tutti insieme nei prossimi giorni? E quelli sugli ospedali da campo? Chissà.

Si viaggia un po’ così, in un senso di indeterminatezza generale con buona pace dell’aritmetica e del buon senso. E poi comunque noi non sappiamo quante persone vengono ricoverate ogni giorno: conosciamo, più o meno, il numero dei posti letto occupati (nemmeno troppo bene) che cambia a seconda dei flussi in entrata ma anche in uscita. Insomma, i ricoveri aumentano perché sono troppe le ospedalizzazioni o perché si fa fatica a dimettere i pazienti dopo le cure? Ieri quante persone sono entrate in ospedale? Quante ne sono uscite? Non è dato saperlo. E lo stesso dicasi per le terapie intensive. “C’è una sottovalutazione grave dell’importanza della pubblicizzazione dei dati” spiega Alessandro Ferretti, docente di Fisica all’Università di Torino. Eppure, prosegue “una maggiore chiarezza nei dati consentirebbe all’opinione pubblica di farsi un’idea più chiara di cosa sta accadendo”. Non è il solo: maggiore trasparenza è ciò che chiede anche l'Anaao, il sindacato dei medici ospedalieri, su una serie di questioni quali il rapporto con il privato, il numero effettivo di assunzioni effettuate da quando è iniziata l'epidemia, il numero dei pazienti nei pronto soccorso, giorno per giorno. Si pensi che oggi non sappiamo neanche quanti sono i decessi ogni giorno: nell’ultimo bollettino della Regione si evince che nelle ventiquattr’ore passate ne sono stati registrati 71, ma di questi solo 16 si sono verificati effettivamente ieri. Quindi? A quando si riferiscono gli altri 55? A due giorni prima, a tre, oppure vanno distribuiti più o meno uniformemente nell’ultima settimana?

Ma torniamo ai contagi: un campanello d’allarme riguarda non tanto l’incremento giornaliero quanto piuttosto la percentuale degli asintomatici al 32%: quando il tracciamento funzionava e i positivi andavamo a stanarli, caso per caso, gli asintomatici erano sopra il 60 per cento. L’unica cosa certa in questa babele di numeri è che il contact tracing è già andato (da tempo) a farsi benedire.

Arrivati a questo punto, visto che il destino cromatico del Piemonte, come quello di tutte le Regioni, è legato all’andamento misurato sui 21 parametri stabiliti a livello nazionale, perché non rendere pubblici i valori di ognuno? Stabiliti per la prima volta dal DM del 30 aprile 2020 che individua le soglie critiche, i valori di allerta e le fonti dati da cui si ricava il rischio epidemico di una regione, questi indicatori – dal più noto indice di contagio Rt ai tassi di occupazione ospedaliera, dal numero di focolai di trasmissione all’attività di screening – consentono di valutare meglio la “capacità di monitoraggio”, la “capacità di accertamento diagnostico, indagine e gestione” e la “trasmissibilità dei contagi e la tenuta dei servizi sanitari”. Che sia questa la ragione della ritrosia a renderli pubblici?

QUI i 21 parametri

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