TRAVAGLI DEMOCRATICI

Chiamparino media tra le anime Pd e trova una soluzione: se stesso

Davvero non aveva previsto che la sua proposta di tandem tra Lo Russo e Salizzoni trovasse così scarsa accoglienza? Nessuno ci crede e, infatti, tornano a circolare voci sul "ritorno al futuro" dell'ex sindaco olimpico. Portas e i manifesti da riciclo "Grazie Sergio"

Mettere d’accordo il cuore e la testa. Ci ha provato e forse ancora ci sta provando Sergio Chiamparino il cui cuore batte per Mauro Salizzoni, ma la testa gli dice Stefano Lo Russo. Dicotomia travagliante quella per la scelta del candidato sindaco di Torino di cui il primo cittadino dell’era olimpica non ne ha mai fatto troppo mistero. L’ha ribadita ancora di recente in una cena a casa di Salizzoni alla presenza di un illustre collega e amico del luminare dei trapianti, il professor Mauro Rinaldi delle Molinette, dove raccontano sia maturata l’ipotesi del tandem tra l’attuale capogruppo dem, a competere per conquistare la poltrona al piano nobile di Palazzo civico, e il vicepresidente del Consiglio regionale, cui dovrebbe toccare il compito di capitanare la lista del Pd. Propiziando addirittura un faccia a faccia tra i due, incontro avvenuto in gran segreto poco prima di Natale. Una proposta che il Chiampa ha fatto in modo venisse diffusa e, come vedremo, non certo per caso.

Cuore e testa. Ma anche viscere. Forse non c’è chi conosce meglio di lui quelle del suo partito e del centrosinistra cittadino. Per questa ragione risulta difficile credere che Chiamparino non abbia messo in conto l’accoglienza che la soluzione prospettata, apparentemente di buon senso e indiscutibilmente di mediazione, avrebbe avuto in una parte del Pd, proprio in quella che nelle ultime settimane pur di stoppare la designazione di Lo Russo ha gettato nella mischia un chissà quanto consapevole Salizzoni. Anzi, parlando di viscere, a questa parte del ceto politico la proposta non poteva che risultare indigesta. E così, infatti, è stato. E allora perché renderla nota, sia pure nei modi accuratamente scelti a conferma di una strategia, non certo di un errore tattico?

Il posto migliore per nascondere qualsiasi cosa è metterla in piena vista, sosteneva Edgar Allan Poe. E cosa c’è in piena vista più della sua figura, semmai le due indicate da Chiamparino si elidessero a vicenda? Insomma, Chiamparino mette in mostra sé stesso. Riserva della Repubblica o, più sarcasticamente ma concretamente, ritorno al futuro, l’ex presidente della Regione, ricandidatosi dopo averlo più volte escluso, e due volte sindaco va visto come tutt’altro che un comprimario, sia pure d’alto rango. “Il solito Sergio, vuole essere lui a dare le carte e vincere la mano”, lo ha inquadrato uno che lo conosce bene fin dai tempi di via Chiesa della Salute come Piero Fassino. E non si riferiva all’abilità del Chiampa a scopone.

Al tavolo i giocatori sono tanti e questo, per chi tiene il mazzo, può essere un vantaggio. Un tavolo dove il messaggio che, almeno in apparenza, Chiamparino con la sua proposta avrebbe lanciato alla sinistra sembra essere caduto come il due di picche. Il capogruppo in consiglio regionale di LuV (declinazione a Palazzo Lascaris di LeU) Marco Grimaldi l’ha liquidata come “una boutade”, la vicepresidente del Senato Anna Rossomando, esponente dell’area orlandiana, spiega che “non risolve il problema politico”. Una componente che non ha moltissimi voti – l’unico che dispone di un forziere elettorale proprio è Enzo Lavolta, trattato però dai vertici della corrente alla stregua di un parvenu – ma dispone di un grande potere di interdizione, dovuto soprattutto a una rete di relazioni esterne allo stesso partito e di addentellati in altri Palazzi che non quelli della politica.

Sull’altra sponda, il leader dei Moderati Mimmo Portas, stretto tra il ruolo di pontiere a favore di Lo Russo e una posizione da sempre molto, molto, molto vicina a Chiamparino. C’è chi dice custodisca in cantina ancora un bel po’ di manifesti con su scritto “Grazie Sergio”, pronti alla bisogna. A parole dice di non voler entrare nelle beghe interne a “un altro partito”, ma da impeccabile capo del partito dei contadini (modello socialismo reale) è consapevole che una scelta non vale l’altra e che le sue stesse fortune elettorali potrebbero essere seriamente compromesse da soluzioni azzardate. A incominciare dal maggiore spazio che un candidato sindaco tipo Salizzoni sarebbe costretto a dare alla lista civica, principale concorrente dei Moderati.

Pronta a una guerra senza risparmio contro Lo Russo c’è la vicesegretaria regionale del Pd e consigliera a Palazzo Lascaris Monica Canalis. Se l’è legata al dito, facendo tre giri, quando il capogruppo in Sala Rossa l’ha indotta a mollare lo scranno, costringendola a moderare la famelica bulimia di incarichi (era arrivata a sommarne quattro: consigliera comunale, metropolitana, regionale e numero due del partito). Chi la conosce bene assicura che non si tratta solo di rivalsa per lo sgarbo subito ma di un personale disegno:  puntare su un candidato di sinistra sinistra, in maniera da spianare a lei, cattodem, la strada per il ruolo di vicesindaca. Di certo la posizione di Canalis sta agitando non poco la sua corrente, che ha come rifermento e guida il parlamentare Stefano Lepri il cui padre politico risponde al nome di Gianfranco Morgando, del quale Lo Russo è stato a lungo il principale collaboratore. E chi se lo vede l’ex segretario regionale dare il viatico a un accordo così spregiudicato che premierebbe quasi esclusivamente velleità personali?

Tante carte sul tavolo del Pd. E il mazziere pronto a rimescolare e, darle nuovamente quando sarà il momento. Nel frattempo più che una boutade, come l’ha definita Grimaldi, la proposta di Chiamparino pare un ballon d’essai, lanciato per vedere da che parte tira il vento. E muoversi, se e quando sarà il caso, liberato, semmai qualcuno glielo volesse appioppare, del fardello anagrafico. L’aver avallato e sostenuto la candidatura del coetaneo Salizzoni, per Chiamparino ha avuto anche questo effetto collaterale, per nulla secondario.

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