Rottamata la rottamazione

Nessuno sa, ad oggi, quale sarà la scelta definitiva sul nome e il cognome del candidato a sindaco di Torino dello schieramento di centrosinistra. Forse allargato ai 5 stelle. Di norma, dalle parti del Pd, capita sempre così. Causa le norme farraginose per la scelta dei candidati ma anche, e soprattutto, per l’ormai nota e fisiologica moltitudine di candidati che accompagnano da tempo ogni elezione, sia essa locale o nazionale fa poca differenza. Due elementi, questi, che spiegano meglio di altra considerazione le ragioni di questa impasse. Ma, al di là di questa considerazione e per tornare al tema specifico, è indubbio che almeno un aspetto politico e di merito è stato definitivamente archiviato. E finalmente, almeno a mio parere.

Si tratta della cosiddetta “rottamazione” di matrice renziana che aveva galvanizzato ed entusiasmato con un tifo da stadio oltre l’80% del popolo del Partito democratico sino a qualche anno fa. Anche e soprattutto sotto la Mole. Ovvero, buttare a mare definitivamente e senza appello l’esperienza, la competenza, la saggezza e soprattutto le capacità politiche ed amministrative di chi ti aveva preceduto. Com’era evidente a tutti, tranne agli idioti, si trattava di una spietata e spregiudicata operazione di potere che si può tradurre con un ragionamento molto semplice. Anzi semplicissimo. Ovvero, chi è con me e mi riconosce come capo assoluto del partito va bene; chi è contro di me va banalmente emarginato se giovane e semplicemente rottamato se meno giovane. Punto. E, al riguardo e con la consueta brutalità, Renzi faceva anche nomi e cognomi di questa operazione condotta all’interno del Pd quando comandava...

Ma oggi il panorama è cambiato. Anzi, decisamente mutato. E proprio la vicenda torinese, e non solo torinese, ne è persin la platea conferma. Ora, nessuno sa, men che meno il sottoscritto, se l’amico Sergio Chiamparino si ricandiderà o meno a sindaco di Torino. Lo vedremo nelle prossime settimane a seconda del metodo che sarà individuato per la scelta finale. Quello che emerge, però, e in modo abbastanza chiaro, è che oggi si fanno sempre più largo le ragioni politiche e culturali opposte a quelle che invocavano a squarciagola, sino a poco tempo fa, il grande valore e la straordinaria intuizione della “rottamazione” renziana. Verrebbe da dire, come cambiano rapidamente le mode...

Quello che si può dire, comunque sia, almeno a mio giudizio, è che adesso la sola carta di identità comincia ad avere meno significato di un tempo e meno appeal non solo tra gli scritti – sempre meno – dei partiti ma nello stesso elettorato. Tanto di centrosinistra quanto di centrodestra, come ci confermano quasi tutti i sondaggisti. Certo, nessuno nega, come ovvio e scontato, il valore del ricambio e della circolarità della classe dirigente. Ma dopo l’esperienza concreta del populismo grillino al potere a livello nazionale, forse i soli valori – o disvalori – della casualità, della improvvisazione, della inesperienza e del rinnegamento radicale del passato della classe dirigente sono meno gettonati di un tempo. Anzi, rischiano di essere sempre più respinti, soprattutto dopo l’esplosione di questa drammatica pandemia che ha innescato, almeno stando ai sondaggi, la richiesta di più competenza, più affidabilità e più serietà della classe politica. Tanto di governo, soprattutto, quanto di opposizione.

Insomma, la politica, seppur lentamente e tra mille contraddizioni e difficoltà, ricomincia ad essere guardata e osservata con maggiore interesse. E all’interno di questo interesse, la voglia di competenza, di esperienza, di preparazione e anche di saggezza della classe dirigente politica ed amministrativa non sono più categorie sacrificabili sull’altare della sola carta di identità e di una volgare e squallida “rottamazione”. Si può e si deve trovare – almeno questo è un auspicio – un giusto e necessario equilibrio tra le varie generazioni. A cominciare, forse, anche dal rinnovo dell’amministrazione comunale di Torino.

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