VERSO IL VOTO

"Pd ostaggio dei Cinquestelle, a Torino serve un riformista"

Per una parte dei dem, la scelta del candidato sindaco è troppo condizionata dal rapporto con i grillini. "Riemerge il Chiappendino", attacca la deputata renziana Fregolent che ammonisce: "Attenti a non regalare il voto moderato al centrodestra"

“Nonostante la buona fede e la speranza di alcuni dirigenti locali che sono rimasti riformisti nel vero senso della parola, ma che sono sempre di meno, il Pd appare sempre più ostaggio dei Cinquestelle. E appare sempre più evidente di candidare a sindaco una persona gradita a quel Chiappendino che a Torino ha anticipato quel che sarebbe successo a livello nazionale diventando la bandiera congressuale di Nicola Zingaretti”. Risposta alla prima domanda, due frasi e già spunta il Chiappendino. Non c’è da stupirsi se a citare l’ircocervo frutto di una interpretazione molto estesa della concordia istituzionale da parte dell’allora presidente delle Regione Sergio Chiamparino e l’ancora sindaca Chiara Appendino, nonché embrionale anticipatore dell’alleanza giallorossa del governo nazionale, sia Silvia Fregolent, deputata di Italia Viva che non si schermisce, né di irrita, ma anzi si fregia dell’appellativo di renzianissima.

Allora, onorevole Fregolent, lei resta convinta che l’obiettivo resti quello di un accordo Pd-M5s per le comunali? 
“Sicuramente a livello nazionale c’è chi pensa di farlo in tutte le grandi città che vanno al voto”.

Quando parla dei riformisti in buona fede a chi si riferisce?
“Mimmo Carretta e Stefano Lo Russo lo sono sicuramente, ma sanno che loro partita è solitaria o quasi”.

Il resto converge su Mauro Salizzoni che un recente sondaggio lo dà vicente?
“Un sondaggio bizzarro”.

Addirittura? E Perché?
“Bizzarro non perchè non penso che Salizzoni non sia stimato e conosciuto, ma per il cosi grande numero di intervistati in un periodo di festività. Non a caso su questo ha ironizzato anche Mimmo Portas che di sondaggi se ne intende”.

Quindi cosa vede dietro?
“Un tentativo evidente di far uscire persona gradita al Chiappendino e in grado di interpretare il disegno nazionale del Pd. Ma ci saranno delle sorprese”.

Non tenga sulla corda.
“Il vero tema è che ci sono persone fuori dalle dinamiche che hanno portato Zingaretti e Di Maio a stringere l’accordo di governo, soggetti che non si sono evoluti, come invece è accaduto per almeno una parte dei parlamentari Cinquestelle. I primi a non volere l’accordo con il centrosinistra sono proprio i grillini locali che hanno fatto mancare la maggioranza a Chiara Appendino anche quando si dovevano votare cose semplici e banali, anche a favore della città. Ricordiamo la Cavallerizza, soldi dati alla città per ripristinare un luogo che adesso sta crollando. E poi i consiglieri regionali Frediani e Bertola che  se ne vanno. È un mondo che è lontano dalle dinamiche istituzionali. E con un Di Battista che continua a soffiare sotto il fuoco”.

Quindi se l’accordo non si fa, si cerca di presentare una figura che piaccia o almeno non dispiaccia ai Cinquestelle, questa la logica della candidatura Salizzoni?
“Direi proprio di sì. Ogni accordo fatto con Appendino, ma anche con Di Maio sarebbe scritto sull’acqua. Quindi meglio cercare di intercettare l’elettorato. E per questo che escono nomi come quello di Salizzoni, grandissimo chirurgo, ma che già dopo un anno di consiglio regionale appare molto piu debole rispetto a quando è stato candidato. Certo il ruolo di medico può rafforzare il consenso in un periodo di pandemia”.

Però il sondaggio…
“Mi piacerebbe che il centrosinistra fosse così avanti, come dice quel sondaggio. Vorrebbe dire che le persone ci perdonano le cose che si stanno facendo a livello di governo nazionale, ma non so se questo sia il clima reale nel Paese. Con il continuo cambiare di colore alle zone, il dover ricorrere alle banche per pagare i dipendenti, il vedere i negozi in centro a Torino che scrivono cedesi attività, ho molti dubbi”.

Lei non pensa che dopo la batosta di cinque anni fa ora il centrosinistra guardando alle periferie che gli avevano girato le spalle non rischi di trascurare l’elettorato del centro, della cosiddetta Ztl, storico bacino di voti che potrebbe virare verso il centrodestra grazie a una candidatura civica e moderata come quella di Paolo Damilano?
“La narrazione che noi abbiamo fatto alle ultime comunali e ripetuta del 2018 deve esser rivista almeno a Torino. La Ztl che premia ancora il centrosinistra è sempre meno una zona di privilegiati, è quella dei piccoli e medi imprenditori che fanno fatica ad andare avanti, dei professionisti, dei commercianti che ci mandano i messaggi dicendoci, per favore chiamate Mario Draghi a guidare il Governo”.

Lì Damilano può fare breccia? 
“Damilano è un candidato conosciuto nella Ztl e in periferia al centrodestra bastano La Lega e i Fratelli d’Italia. Sì Damilano è un candidato pericoloso, ma meno di quanto sarebbe stata Claudia Porchietto. La conosco, la vedo all’opera avendo fatto e facendo molte cose insieme in questo periodo su battaglie comuni. Ha capacità, conoscenza dei problemi e una pervasività in molti mondi. Diciamo che avendo scelto Damilano il centrodestra ci ha dato una chance in più”.

Qualcuno sostiene la necessità di trovare un Conte per Torino. Quello di Roma voi di Italia viva lo state rosolando.  
“Il tentativo di avere un Conte a Torino c’è stato con Guido Saracco. Non andata in porto perché il rettore non ci sarebbe stato e non c’è stato a farsi cucinare. Avrebbe voluto un’unanimità di consensi che non c’è stata. Adesso con Salizzoni vedo un altro tentativo. Credo però che chi nel Pd da anni lavora e studia per questo ruolo non sia disposto a sentirsi dire che non è il suo momento. Peraltro sembra non lo sia mai”.

E voi di Italia Viva che fate a Torino, mentre girate lo spiedo a Roma?
“Siamo al tavolo della coalizione. Ma, a costo di dire una cosa che a molti può apparire banale e non lo è, diciamo che ci vogliono idee e programmi chiari, prima dei nomi”. 

Tre punti che mettete sul tavolo.
“Infrastrutture, un piano programmatico per l’industria che prevede coraggio dagli imprenditori, ma anche dell’amministrazione della città e cultura. È possibile che una città come Torino abbia la Cavallerizza abbandonata e il Regio commissariato? E poi una solidarietà diffusa. Ci sono buone pratiche a Torino, che dovrebbero essere messe a sistema. Tutto questo in una città che deve crescere, risollevarsi dopo anni in cui molte occasioni sono state colpevolmente perdute”.

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