EMERGENZA ECONOMICA

La rivolta delle tazzine

Bar e ristoranti sul piede di guerra contro le restrizioni anti Covid previste nell'ultimo Dpcm del premier Conte. Corre sui social l'ipotesi di una disobbedienza civile: "Stanno affossando un intero settore". Ma per molti è già troppo tardi: un esercizio su tre non ha riaperto

Bar e ristoranti sono sul piede di guerra contro l’ipotesi di un’ulteriore stretta anti Covid, con il divieto di asporto oltre le 18, e sui social nascono iniziative di protesta con la minaccia di disobbedienza civile e l’apertura dei locali chiusi da troppo tempo. Lo rende noto il presidente dell’Epat Torino, Alessandro Mautino. “Il periodo ormai troppo lungo di drastiche limitazioni e chiusure dei pubblici esercizi sta affossando un intero settore togliendogli la possibilità di ripartire – spiega Claudio Ferraro, direttore dell’Epat Torino – non ci pare che ipotizzare limitazioni a quelle piccole finestre di attività sia corretto, plausibile e neanche utile; serve solo ad aggravare ancor di più l’economia dei pubblici esercizi. Se si ipotizzano violazioni, come assembramenti davanti ai locali, si facciano i controlli e si irroghino le sanzioni, ma non si colpisca un’intera categoria. Questo approccio “chiusi tutti se c’è qualcuno che non rispetta le regole” è sbagliato e neanche etico. È la resa dello Stato e delle amministrazioni deputate, che riconoscono di non poter controllare, ma in un tempo come quello che stiamo attraversando non può che rendere più vivo un senso di ingiustizia per chi le regole le rispetta e vede le proprie attività morire”.

E mentre c’è chi vorrebbe disobbedire, alzando le saracinesche nonostante le restrizioni, altri sembrano aver alzato bandiera bianca. “A Torino un terzo dei bar e dei ristoranti non riapre neppure con la zona gialla. Per gli altri la ripresa è molto deludente: attività ridotta al 30%, sia in mattinata sia nella pausa” denuncia Confesercenti. “Non è sorprendente che una parte significativa dei locali continui a rimanere chiusa, e chi apre lo fa per mantenere un legame con la clientela e per avere quel minimo di liquidità che consenta di fare fronte agli impegni più urgenti– afferma il presidente Giancarlo Banchieri –. Non dimentichiamoci che lo smart working continua per tantissimi lavoratori. Purtroppo siamo al punto che una parte di chi non apre non può permettersi di farlo perché non è in grado di pagare i fornitori, i quali ormai vogliono essere saldati alla consegna; molti hanno smesso di pagare affitti e stanno cominciando ad arrivare gli sfratti; le bollette di luce e gas rimangono inevase. Ci vengono segnalati diversi casi di baristi che hanno riconsegnato la macchina del caffè perché non riapriranno più. In queste condizioni l’ipotizzato blocco dell'asporto ha il sapore di un inutile e incomprensibile accanimento. Se non si riescono a fare controlli adeguati sugli assembramenti, allora si scaricano queste difficoltà sui locali?”.

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