LA SACRA RUOTA

Quel referendum salvò la Fiat, ma Airaudo non l'ha ancora capito

Sconfitto dal voto dei lavoratori, dopo dieci anni, l'esponente della Fiom riscrive pro domo sua la vicenda, dimostrando di non aver imparato la lezione. L'ex leader della Fim Chiarle: "Sarebbe saggio riconoscere gli errori". Il totem dell'unità sindacale

Sono passati dieci anni dal referendum che mandò in frantumi l’unità sindacale in Fiat, da tempo ormai un feticcio. Era il 13 gennaio 2011 quando la Fiom, sostenuta dai partiti della sinistra post-comunista, sostenne il No contro il piano elaborato da Sergio Marchionne che avviava una vera e propria rivoluzione gestionale e produttiva della vecchia casa degli Agnelli. E perse, seppur di poco: dei 5.130 lavoratori delle Carrozzerie Mirafiori, infatti, i Sì prevalsero con il 54 per cento dei voti: il manager in maglioncino mantenne (in parte) la sua promessa, pur navigando nei mari tempestosi di una crisi economica che colpì tutta l’industria dell’auto. Due lustri dopo il mondo è cambiato, Stellantis ha preso il posto di Fca che a sua volta aveva archiviato il catorcio Fiat, ma una parte dei contendenti di allora, continuano a essere su posizioni opposte e “lo saremo finché gli sconfitti non riconosceranno i propri errori”, afferma Claudio Chiarle, fino al dicembre 2019 segretario generale della Fim-Cisl di Torino. Giorgio Airaudo, che dopo quella sconfitta venne premiato con un posto in lista con Sel per approdare in Parlamento e poi si avventurò in una candidatura a sindaco di Torino contro Piero Fassino dagli esiti deludenti, ora è tornato a guidare la Fiom piemontese e con la nascita del nuovo colosso intravede addirittura “l’inizio di una fase nuova”. basta riscrivere, pro domo sua, la storia.

“Il modello imposto da Marchionne è stato superato. In cambio di quell’accordo, che riduceva le pause, modificava i turni e limitava il diritto di sciopero – spiega Airaudo – Marchionne aveva promesso la piena occupazione, salari più alti e l’arrivo in Italia di tanti modelli. L’esito è stato diverso: i modelli non sono arrivati, i salari non sono aumentati e la cassa integrazione non è finita. Ai lavoratori sono stati chiesti grandi sacrifici, lo scambio proposto è stato iniquo Lo scenario immaginato non si è realizzato, chi ha vinto non ha fatto quello che aveva promesso a Torino e a Mirafiori”. Quei giorni Chiarle li ricorda bene "perché, da segretario della Fim, partecipai al referendum di Mirafiori su posizioni opposte a quelle di Airaudo. Ricordo che fu la Fiom, insieme alla Cgil, ad autoescludersi nonostante Marchionne, all’inizio, fosse ritenuto dalla sinistra (Fausto Bertinotti in primis) una sorta di illuminato. E lui aprì un canale con l’allora segretario generale Gianni Rinaldini”. Poi l’idillio si ruppe e un ruolo in quel cambio di linea lo ebbe proprio Airaudo, responsabile auto della Fiom nazionale oltreché numero uno dei metalmeccanici cigiellini piemontesi.

“Oggi posso dire che vincemmo il referendum perché i lavoratori scelsero una prospettiva, mentre la Fiom rappresentava l’idea qualunquista diffusa nella destra per cui tanto la Fiat l’investimento lo avrebbe fatto lo stesso”, ricorda Chiarle. Certo, l’accordo riduceva le pause a Mirafiori, che però sono state retribuite, mentre i turni erano già presenti nel Contratto e Airaudo non dice mai che alla ex Bertone di Grugliasco, dove la Fiom era di gran lunga il primo sindacato, allora le pause erano di venti minuti e il nuovo contratto le portò a trenta.

Di tempo ne è passato e oggi le cose sono diverse. “Io, per esempio, ho lasciato il mio incarico dopo la pensione, Airaudo è ancora lì”. A recitare lo stesso copione: “Marchionne – osserva il “nuovo” leader della Fiom piemontese – voleva portare in Italia un modello di relazioni sindacali di tipo americano, fondato su uno scarso pluralismo e sull’idea di un sindacato maggioritario, perché voleva un accordo con General Motors. Oggi quel modello di relazioni sindacali è superato dai fatti. Stellantis nasce sul sistema di regole che ha fondamenta nel diritto del lavoro della Francia e della Germania e prevede la partecipazione dei lavoratori fino al cda. C’è una schizofrenia tra il modello Usa e il modello europeo, servirà un’armonizzazione: il sindacato dovrà porsi unitariamente questo problema se vuole rappresentare tutti i lavoratori senza presunzioni ideologiche né voglia di rivincite, vendette o rendite di posizioni”.

Airaudo purtroppo è unitario solo quando è in difficoltà e negli anni ha rappresentato quanto di più settario la sinistra politica e sindacale potesse esprimere, sentenzia Chiarle. “Se l’appello unitario serve per poi fare come quando nel 2016 hanno firmato, assieme a Fim e Uilm, il Contratto Nazionale dopo averne contestato per anni i contenuti, si conferma che stanno solo cercando una via d’uscita o meglio di rientro negli accordi Fca. Ma significa anche che dietro questa ipocrisia prendono in giro i lavoratori”. E poi per fare un accordo unitario deve firmare il contratto o pensa che si faccia un accordo transnazionale Italia-Francia? “Sarebbe un’altra balla mostruosa anche perché se il governo francese è sciovinista il sindacato francese lo è ancora di più. Airaudo dice che quel modello sindacale, firmato con il Contratto collettivo specifico, è tramontato, ma io non lo penso affatto. Se poi qualcuno vuol fare credere che il sindacato francese, profondamente diviso, spaccato e debole sia migliore di quello della Uaw allora è pura strumentalizzazione”.

Il diritto di sciopero, poi, non è stato intaccato ma si sono inserite delle procedure di raffreddamento per prevenire il conflitto lungo la linea con l’ausilio di Commissioni perché Airaudo, “che non ha mai lavorato ma dice di essere un gran conoscitore della fabbrica, dovrebbe sapere che non siamo più in situazioni in cui si blocca la linea, cosa che non succede da nessuna parte nemmeno nell’avanzata Germania con l’IG Metall”.

print_icon