Fine della libertà di parola?

Con l’espulsione di Trump da Facebook e Twitter e l’oscuramento di Parler, il social network considerato vicino ai conservatori, è sempre più evidente che la libertà di espressione è quantomeno sotto pressione. Fino ai primi anni 2000 i social network non esistevano e la libertà di parola si estrinsecava in maniera diversa, ma ora non se può più prescindere. Il grande successo iniziale dei software per costruire reti sociali era dovuto anche alla possibilità per chiunque di scrivere qualcosa e di poter ottenere l’approvazione o meno dei propri contatti. Prima dell’avvento dei social network era necessario costruire un sito e indicizzarlo nei motori di ricerca e cercare di farlo conoscere. Qualcosa non alla portata di tutti, mentre con i vari social network si può costruire la propria rete di amici e poi pubblicate con semplicità. Con un po’ di abilità e un po’ fortuna si poteva costruire una rete ampia di contatti e grazie alle condivisioni raggiungere un più o meno grande numero di persone.

Agli albori i social network erano gratis per accaparrarsi gli iscritti, mentre ora per raggiungere un pubblico bisogna pagare perché sono aziende private, ma rimane evidente che siano un importante media a cui oggi è difficile rinunciare nella comunicazione politica e economica. La libertà di parola è sempre più in pericolo con i giganti del web che si sono messi a censurare le opinioni non gradite ad una certa parte politica. Ai primordi Internet era visto come strumento di libertà, ma ora non è più così. Il successo dei social network è stato in parte dovuto alla possibilità data a chiunque di esprimere un’opinione in totale libertà e se ciò viene meno, viene meno la loro ragione d’essere. Su Internet ci sono altre possibilità di esprimersi, ma i grandi social network sono diventati l’equivalente dei grandi quotidiani di una volta e nell’immediato è difficile farne a meno.

L’azione combinata di Apple, Google e Amazon con il blocco di Parler hanno di fatto distrutto un possibile concorrente e in un’azione del genere oltre a una censura preventiva, si ravvisa un’azione anticoncorrenziale, una sorta di cartello volto a distruggere i possibili concorrenti. Non si capisce come sia stato possibile per i tre colossi rompere dei regolari contratti e oscurare il social network Parler senza incorrere in penali. Certo sarebbe da verificare se i giganti del web abbiamo subito delle pressioni “politiche” e si siano adeguati per quieto vivere, ma purtroppo questo non ci è dato sapere. Rimane il problema che se i giganti di Internet smettano di essere neutrali non sono più dei semplici fornitori di un servizio come può essere una azienda della luce o del gas, ma si trasformano in un vero e proprio editore. E a questo punto perché una persona dovrebbe iscriversi a un social di un certo orientamento politico?

Con il politicamente corretto, la cancel culture e ora con la censura dei giganti di Internet, la libertà di opinione è sempre più in pericolo.

print_icon