Vale ancora la competenza?

Il lento tramonto del populismo di marca grillina, almeno così si spera, dovrebbe coincidere con l’apertura di una nuova fase politica nel nostro paese. Una stagione nuova che dovrebbe, almeno a livello potenziale, reintrodurre alcune caratteristiche che da sempre qualificano e nobilitano la politica. In altre parole, la competenza, l’esperienza, l’espressività e la conoscenza politica ed amministrativa. Elementi che, dopo l’irruzione della deriva populista, antipolitica e demagogica sono stati semplicemente cancellati dallo scenario politico. Ora, almeno così pare, il trend si dovrebbe lentamente invertire a vantaggio del ritorno della politica e di tutto ciò che comporta questo processo. A partire, appunto, da una rinnovata qualità e preparazione della classe dirigente. A tutti i livelli. A cominciare anche e soprattutto dal livello locale, cioè i Comuni.

Ecco perché l’ormai prossimo appuntamento elettorale non può sfuggire da questa sfida. E Torino non può essere, al riguardo, una variabile indipendente. Nello specifico, stupisce che, per fermarsi al campo del centrosinistra, una candidatura ritenuta da molti autorevole e qualificata sotto il profilo della competenza e della preparazione della classe dirigente come quella di Stefano Lo Russo, attuale capogruppo del Partito democratico, continui ad essere elemento di divisone e di spaccatura nel suo partito e nella coalizione di riferimento. Si dice che il carattere non sarebbe sufficientemente “inclusivo” e che, soprattutto, sarebbe una candidatura “sgradita” al partito di Grillo per la sua attività svolta in questi ultimi cinque anni in sala Rossa come capogruppo della principale forza di opposizione ai pentastellati. Una situazione persin imbarazzante se è vero, com’è vero, che da quelle parti si continua a blaterare sulla necessità di riqualificare una classe dirigente dopo anni di imbonimento populista e anti politico. E poi, quando arriva un potenziale candidato a Sindaco che incrocia quella richiesta – nome che ormai circola da mesi e mesi – non si ferma il balletto sulla necessità di fare le primarie, poi puntualmente smentite, o della ricerca di una sempre più fantomatica “sintesi” che viene evocata ormai dalla scorsa estate tra le sempre crescenti correnti del Pd. Tutto ciò, politicamente, resta uno dei tanti misteri.

Discorso diverso riguarda il campo del centrodestra dove la candidatura “civica” di Paolo Damilano, ormai da molti mesi in campo, ha saputo incrociare la domanda di novità della classe dirigente da un lato con una preparazione specifica professionale dall’altro. Una preparazione non specificatamente politica ma che comunque si caratterizza sotto il profilo manageriale ed imprenditoriale. E quindi, sotto questo profilo, si tratta di un’ottima candidatura.

Insomma, adesso si tratta di capire – almeno per quanto riguarda il campo del centrosinistra – se la richiesta di competenza, di preparazione e di rinnovata qualità della classe dirigente politica ed amministrativa sia ancora un tema al centro dell’attenzione o se, invece, tutto sarà ancora una volta sacrificato sull’altare del rispetto del dogma delle primarie e dell’eterno equilibrio tra le decine di correnti del Pd. Saranno solo i fatti concreti, comunque, e non le mille dichiarazioni, a dirci quale sarà il criterio che prevale.

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