Come misurare la libertà

Il settantaseiesimo anniversario della Liberazione è stato celebrato senza assembramenti, ossia rinunciando a cortei e manifestazioni commemorative. Paradossalmente, per il secondo anno consecutivo le misure restrittive anti-epidemiche colpiscono proprio la festa della Libertà per antonomasia.

Le autorità istituzionali hanno scelto luoghi simbolo per commemorare la fine del potere nazifascista, ma per la memoria collettiva (almeno quel poco che ne resta) il silenzio delle piazze è letale. Il virus è simile a un enorme tsunami: una marea che travolge ogni cosa, comprese la collettività umana e le pagine della sua Storia più recente.

Quest’anno, l’affacciarsi di un incombente ritorno nazionalistico ha finalmente scosso gli animi di quegli intellettuali che oramai affrontavano il 25 aprile come una ricorrenza da relegare al passato (nello stesso modo della festa nazionale in ricordo della Battaglia di Solferino, 24 giugno 1859).

Un “ritorno di attenzione” che ha visto attivarsi per primi i media, sia televisivi che della carta stampata, i quali hanno dedicato articoli e documentari (memorabile il racconto di Ascanio Celestini sul massacro delle Fosse Ardeatine) ai misfatti criminali del ventennio in camicia nera. Sono state finalmente ricordate le stragi fasciste dimenticate (come l’eccidio “insabbiato” di Cavriglia), gli assalti alle Camere del Lavoro da parte delle squadracce di Mussolini (Torino 25-26 aprile 1921 e poi il 18 dicembre del 1922), le violenze delle milizie contro i civili in Jugoslavia e infine i campi di concentramento costruiti sul suolo italiano.

Improvvisamente il nostro Paese è diventato consapevole della disumanità di cui era intriso il nemico combattuto dai Partigiani. Lo stesso premier Draghi ha dedicato la sua orazione commemorativa a un dato storico negato dal sempre: non tutti fummo “Brava gente”, poiché in quegli anni sarebbe stato moralmente doveroso prendere posizione davanti alla violenza criminale del nazifascismo. Parole certamente non gradite dall’estrema Destra, soprattutto nel momento in cui il neofascismo cavalca i temi della Libertà in un’ottica anti-lockdown sanitario.

In occasione del 25 Aprile alcuni siti della galassia nazionalista hanno infatti lanciato post in cui è stato ridicolizzato l’antifascismo di chi ha celebrato l’anniversario della Liberazione, con la mascherina sulla bocca, un permesso per muoversi, il divieto di avvicinarsi agli altri e con attenzione a non violare il coprifuoco: una retorica demagogica pericolosa; una provocazione di facile presa su una popolazione stanca per le pesanti imposizioni subite a causa del proliferare del virus.

L’epidemia è stata certamente fautrice di molti paradossi. Tra le tante bizzarrie spicca quella del ritorno alla “clandestinità” per tutti coloro che non hanno voluto rinunciare a sfilare in corteo in occasione della giornata dedicata alla sconfitta di chi usava olio di ricino, bastone, carcere e fucilazioni per risolvere la questione democratica. Il settantaseiesimo anniversario della Liberazione ha visto infatti, non solo a Torino, momenti di ricordo auto-organizzati a scapito dei divieti: cortei che per un giorno hanno tolto il monopolio delle piazze a quella Destra estrema che non ha mai smesso (neppure in epoca di restrizioni di movimento) di ritrovarsi nei presidi xenofobi contro i nomadi.

La Libertà, come ci insegnava in una memorabile gag Corrado Guzzanti, è forse da intendersi come “Ognuno faccia quel che vuole”, oppure quale rispetto dei diritti di pensiero, di opinione e di fede di tutti i cittadini. Il personaggio insofferente verso ogni regola, interpretato dal brillante Guzzanti, oggi avrebbe certamente invocato “Libertà” non considerando la media di 500 morti al giorno, né tantomeno il dramma di chi viene portato in ospedali stracolmi e impossibilitati a prestare qualsiasi cura. Alcuni ritengono infatti che nel nome della Libertà sia etico passare sopra l’esistenza di tutti, privilegiando però sempre la tutela del valore economico degli affari. 

Bolsonaro in Brasile è un eclatante esempio di questa desinenza del concetto di Libertà. Nelle favelas la gente ha la libertà di morire senza assistenza, mentre i ricchi sono altrettanto liberi di prendersi cura della propria salute e di spendere i soldi nel lusso notturno dei locali.

La Libertà invece è rispetto del prossimo, soprattutto delle persone prive di mezzi per difendersi da una malattia oppure dalla povertà. Non è Libertà poter parcheggiare su un marciapiede senza essere sanzionati.

L’ambiguità politica e culturale che l’occidente ha dimostrato in questi ultimi decenni appoggiando ovunque leader nazionalisti (in particolar modo nei Paesi da avvicinare alla Nato) presenta adesso il conto a tutta la collettività. L’Europa in particolare palesa quotidianamente solidarietà a personaggi politicamente compromessi con l’estrema destra sciovinista, come nel caso di Navalny, senza mai porsi domande sulle conseguenze future. Un gioco tattico molto pericoloso poiché alimenta quello stesso fuoco che un secolo fa spalancò le porte a Hitler, a Mussolini, a Franco.

Lo scatto di dignità di un popolo vissuto per anni sotto le bombe, e schiacciato dal tallone di un regime fedele anche nei simboli alla Morte, ha generato la Carta Costituzionale. Principi elevati a legge fondamentale grazie al sacrificio di tante persone e oggi messi seriamente a rischio da una nazione distratta, a tratti infantile.

print_icon