LOTTA AL COVID

Vaccini, nella babele delle tariffe i medici marcano visita

C'è chi incassa 6 euro a iniezione, altri prendono 40 euro l'ora, gli specialisti addirittura 80 euro. Eppure in quell'"esercito" di vaccinatori sono ancora troppi i disertori

Il vaccino è sempre lo stesso. Ma se a fare l’iniezione, o come spesso accade a sovrintendere mentre è un infermiere a pungere il braccio, è un medico di famiglia a lui vanno 6 euro e 16 centesimi. Nel caso il medico appartenga alla task force (si fa per dire, visti i numeri ridotti rispetto agli annunci) predisposta dall’allora commissario Domenico Arcuri la remunerazione è oraria ed è di 40 euro. Ma se a fare lo stesso vaccino, sempre e comunque nei centri vaccinali delle Asl, sono medici specialisti ambulatoriali la somma, addirittura, raddoppia: 80 euro.

E come vengono scelti, con quali criteri vengono impiegati nei vari centri vaccinali i medici? C’è una scala di economicità alla base? Oppure, come più di un camice bianco segnala, questa scelta resta in capo ai responsabili delle singole aziende sanitarie, con anomalie che starebbero emergendo tanto da suggerire oggi una chiara programmazione? Sarebbe bastato avere un quadro preciso e, per quanto possibile, vincolante delle disponibilità dei medici di medicina generale a vaccinare negli hot spot con un'agenda almeno di un paio di mesi, andando poi a colmare gli eventuali spazi vuoti partendo dall’impiego dei vaccinatori che avevano risposto all’appello di Arcuri e poi ai più onerosi, pur a quanto risulta indispensabili, specialisti. Forse troppo semplice. O troppo chiaro.

La programmazione mancata o non del tutto adeguata sembra essere la concausa di un’altra situazione che nella realtà tradisce promesse e annunci. Ieri, in tutto il Piemonte, le persone vaccinate dai medici di famiglia sono state solo 731. “Un numero, effettivamente, basso” conviene l’assessore alla Sanità Luigi Icardi, promettendo di “verificare con attenzione le ragioni” di questa anomalia. È questo, assai meno di mille vaccini in un giorno, ciò che arriva dall’“esercito in campo” com’era stato annunciato l’impegno dei medici di base, quando il Piemonte, prima tra le regioni italiane, aveva formalizzato l’accordo con le sigle sindacali dei camici bianchi del territorio accogliendo le loro richieste? Certo, va detto che quelli poi davvero disponibili a somministrare le dosi nei loro studi si sono ridotti a un terzo dei 3.200 professionisti totali. Resta pur sempre un migliaio a fronte di poco più di 700 vaccini fatti ieri, quasi la metà dei 1.294 di mercoledì scorso e un quarto rispetto ai 2.298 di sabato. Pur prendendo quest’ultimo dato, il più alto, la media non fa neppure tre vaccini per ogni medico. 

Il Piemonte sta andando abbastanza bene quanto a numeri generali di somministrazioni al giorno, ha superato ampiamente lo stress test, ma questo non rende affatto inutile un’analisi sulle ragioni che hanno portato l’esercito dei medici di famiglia a dare, in molti casi, l’immagine di una diserzione dall’annunciata prima linea. Certo le munizioni, come piace chiamare i vaccini al governatore Alberto Cirio, sono state spesso insufficienti anche se il generale Francesco Paolo Figliuolo ha ormai preso a garantire l’artiglieria. È pur vero che negli ambulatori può essere usato solo il vaccino AstraZeneca ad oggi limitato agli over 60, però anche questo non spiega numeri ancora lontani da quelli auspicati e annunciati. 

Il principale sindacato dei medici di medicina generale, la Fimmg, in una lettera al generale Figliuolo denuncia “la mancata o insufficiente fornitura di vaccini ai medici a vantaggio dei grandi hub”. Una situazione che riguarda anche il Piemonte come conferma il segretario regionale del sindacato Roberto Venesia. Insieme ai rappresentanti delle altre sigle sindacali ha partecipato nei giorni scorsi a un incontro con l’assessore nel corso del quale sarebbe stata avanzata la richiesta di poter somministrare anche altri tipi di vaccini negli ambulatori dei medici di famiglia. Ipotesi, al momento, non percorribile anche per le disposizioni nazionali in atto, ma che una parte dei professionisti che operano sul territorio avrebbe chiesto per superare la disparità tra loro e i centri vaccinali dove si somministrano anche Pfizer e Moderna. La Fimmg aveva scritto anche una lettera a Cirio e Icardi paventando “il rischio che gli ultrasessantenni che si vaccinano dal medico di famiglia riceveranno l’AstraZeneca mentre quelli che andranno nei centri vaccinali saranno immunizzati con Pfizer o Moderna, con una evidente discriminazione”. 

Insomma, nell’esercito dei medici di famiglia c’è chi, più spesso in provincia che in città forse eredi dei medici condotti di buona memoria, è sceso in prima linea senza troppi squilli di tromba, c’è chi s’imbosca e chi mentre i numeri dei vaccini fatti sono quelli di appena un plotone, si lamenta e scrive al generale. Quello vero.

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