LOTTA AL COVID

"Taglia" sugli over 60 non vaccinati. I medici di famiglia battono cassa 

Obiettivo: immunizzare entro agosto 200mila ultrasessantenni. Per stanarli i camici bianchi chiedono altri soldi alla Regione. Spaccatura tra i sindacati sui criteri di remunerazione. Minola media e prepara la delibera. Il bonus andrà a tutti i sanitari

Si risolverà dando più soldi ai medici di famiglia il problema dei 200mila piemontesi al di sopra dei 60 anni che ancora non hanno ricevuto il vaccino? Bisogna metter mano al portafoglio per scoprire chi sono, perché non hanno aderito alla campagna vaccinale e convincerli a farlo?

La risposta, seppure del tutto non convincente ma evidentemente obbligata, è nella delibera che si sta preparando in corso Regina Margherita e che arriverà in giunta nei prossimi giorni, dopo una serie di incontri con i sindacati dei medici di medicina generale. Non senza che la discussione abbia visto toni accesi e posizioni lontane se non opposte tra i vertici delle principali sigle di rappresentanza dei camici bianchi. La loro convocazione in assessorato, per essere più precisi negli uffici della direzione regionale retta da Mario Minola, arriva nei giorni scorsi, quando quel numero ancora troppo alto di non vaccinati in una fascia di età ritenuta critica, tanto più nella prospettiva di una diffusione della variante Delta, non accenna a diminuire.

Una situazione, per molti versi paradossale, e che ha più di una spiegazione. Assurdo catalogare quei 200mila over 60 (in cui vengono compresi pure gli ultranovantenni, anche se la parte più cospicua dei non vaccinati è proprio nella fascia dai 60 ai 70 anni) come no vax. Semmai, c’è qualcosa nel sistema di adesione alla campagna vaccinale che non ha funzionato come avrebbe dovuto, lasciando fuori quella parte del circa un milione e 400mila over 60. Che qualcosa non andasse per il verso giusto lo si era capito almeno già da un mese, quando lo Smi, uno dei sindacati dei medici di base, aveva avanzato la richiesta di poter caricare sulla piattaforma regionale gli ultrassessantenni. Un’operazione tutto sommato semplice: ogni medico di famiglia avrebbe dovuto inserire i nominativi dei suoi pazienti nella fascia di età determinata, superando eventuali difficoltà che si sarebbero trovati di fronte almeno alcuni dei suoi assistiti. Ma già qui la posizione del sindacato non fu univoca, con la Fimmg che aveva sollevò obiezioni. La questione ritardò di qualche settimana e alla fine l’autorizzazione arrivò, ma il sistema informatico non pare aver funzionato a dovere. Insomma, quei 200mila “fantasmi” continuano ad agitare se non le notti, almeno i giorni dei vertici sanitari regionali.

Non ci vuol molto a un dirigente navigato come Minola, per capire che forse la possibile soluzione sta nel mettere sul tavolo altri soldi per i medici di famiglia. La chiave che apre molte porte, per farlo con quelle degli over 60 ancora renitenti (non sempre per scelta) attraverso l’intervento dei medici di famiglia ha l’aspetto di 7, 8 milioni di euro. I soldi ci sono, dice la Regione ai medici che per ogni vaccinazione eseguita ricevono poco più di 6 euro. 

Una prima ipotesi è quella di seguire l’esempio di altre Regioni che hanno raddoppiato la remunerazione per ogni iniezione, ma su questo i sindacati tornano a dividersi. Se lo schema sembra andare bene per Roberto Venesia, segretario regionale della Fimmg, non altrettanto per il suo omologo dello Smi, Antonio Barillà. Il nodo sta nella discriminazione economica che penalizzerebbe quei medici che hanno vaccinato i loro over 60 o comunque li hanno convinti ad andare negli hub rispetto ai loro colleghi cui verrebbe affidata la missione di portare a immunizzarsi quei restanti 200mila o almeno gran parte di essi. Le stesse perplessità di una piena legittimità giuridica di una differenza di trattamento dei medici di famiglia sembrano indurre i vertici della Sanità a trovare un criterio diverso rispetto al bonus legato alla singola vaccinazione. E poi il direttore regionale non nasconde di volere una soluzione condivisa. Che alla fine si trova, sia pure da definire ancora in alcuni dettagli.

La delibera attesa nei prossimi giorni che pone come obiettivo temporale per il recupero dei 200mila a fine agosto, dovrebbe inserirlo tra quelli che i medici di famiglia hanno già da parte delle Asl specificando la percentuale di assistiti over 60 vaccinati e legando al raggiungimento di questa l’erogazione del bonus. In questo modo a riceverlo non saranno soltanto i dottori che recupereranno gli ultrassessantenni che mancano all’appello, ma anche quelli che l’obiettivo lo hanno già raggiunto, magari da settimane.

Quello che può essere definito una sorta di premio di produttività non sarà dato aumentando la remunerazione per ogni vaccinazione, ma come quota capitaria. Per capirci: un medico che raggiunge o ha già raggiunto una delle percentuali di over 60 tra i suoi assistiti fissata dalla delibera riceverà, a seconda dei parametri un euro o un ero e mezzo (i valori devono ancora essere determinati) per ciascuno dei suoi mutuati, come si diceva una volta. Chi ha mille assistiti riceverà mille euro, chi ne ha 1.500 prenderà 1500 euro. Se non ci saranno soprese, la soluzione sarà messa nero su bianco in questi giorni e poi formalizzata dalla giunta, in tempi rapidi.

Sarà questa la soluzione per ridurre quanto più possibile quel numero ancora troppo alto di ultrasessantenni non ancora vaccinati? Ma, mesi dopo i ridondanti annunci della discesa in campo dell’esercito dei medici di famiglia, resta un’altra domanda: per contattare e provare a convincere i loro assistiti coi capelli bianchi a vaccinarsi è indispensabile che la Regione metta di nuovo mano al portafoglio?

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