Il Green Pass e i suoi limiti

Come ci è capitato di dire in altre occasioni la gestione della crisi del Covid ha acquisito un surplus ideologico che travalica le reali necessità sanitarie ed economiche. Ci pare di intravedere nei vari provvedimenti, che molti politici siano ormai posseduti dalla libido del potere e provano gusto nell’infliggere provvedimenti punitivi nei confronti degli italiani.

Anche in occasione della questione del Green Pass scorgiamo questo atteggiamento punitivo nei confronti degli italiani e in aggiunta dei comportamenti schizofrenici. Il settore più colpito dalla crisi indotta dal Covid è quello del tempo libero, potremmo dire non a caso, che include il settore turistico, la ristorazione, il mondo dello spettacolo e quello sportivo, e le riaperture finalmente davano una boccata d’ossigeno e immediatamente si è scatenata la caccia al nuovo untore nella figura del giovane che si diverte: lo si vuole far riprendere o affossare per sempre questo settore?

Non si vuole istituire l’obbligo vaccinale, ma senza Green Pass non si potrà prendere neanche un caffè. Perché non essere chiari e coerenti e mettere l’obbligo del vaccino, invece di inserirlo in maniera subdola con la richiesta del passaporto ad ogni pie’ sospinto? Si vorrebbe capire qualcosa e non essere continuamente travolti da notizie contrastanti.

Fra le tante incongruenze di questo periodo è evidente quelli dei mezzi pubblici che non sono mai stati fermati o comunque presi provvedimenti per viaggiare sicuri. Si sono chiusi palestre e ristoranti dove non si arriva mai al livello di assembramenti presente in un tram o in una metropolitana, mentre i mezzi di trasporto locali hanno continuato ad andare. Anche adesso si parlava di Green Pass per i treni a lunga percorrenza e non per quello locali quando è evidente che nel primo caso con la gestione delle prenotazioni si possono evitare sovraffollamenti al contrario del secondo caso. Adesso sembra che vogliano utilizzare il Green Pass anche per i mezzi pubblici locali, come se fosse semplice verificare il possesso del lasciapassare nelle ore di punta quando la gente deve andare a lavorare. Insomma, tante proposte contrastanti in cui è difficile raccapezzarsi e che causano solo ansia e preoccupazioni. Non si capisce perché è necessario usare il Green Pass per prendere un caffè e non per salire in metropolitana. Incongruenza di fondo. Ovviamente i mezzi pubblici non possono essere fermati perché i tanti pendolari compresi quelli dei servizi essenziali devono continuare a lavorare. Rimane l’incoerenza che un luogo di contagio rimane sempre aperto e un ristorante in cui è possibile evitare assembramenti e limitare i rischi di contagio si chiudono.

La gestione del Green Pass istituisce un ulteriore obbligo burocratico per tanti piccoli esercenti con i relativi costi e problemi nella gestione della privacy. Gli esercenti devono conservare le registrazioni di chi accede e per quanto tempo? Non ha molto senso che venga conservato per anni che il signor Mario Rossi abbia bevuto un caffè un certo giorno. Entro pochi mesi eventuali registrazioni dovrebbero essere distrutte, altrimenti si rischia di creare uno stato di polizia peggiore di quello visti finora che non avevano le tecnologie attuali.

Un altro aspetto è quello burocratico. Ogni volta bisogna imparare una nuova procedura per ottenere un certificato, in questo caso il Green Pass. E tutti quelli italiani, anziani o meno che non sanno utilizzare i computer come devono fare? Al termine della seconda dose viene rilasciato un certificato che attesta l’avvenuta vaccinazione: perché non utilizzare quel documento invece del Green Pass almeno in Italia senza introdurre altra burocrazia? Perché non limitarlo solo a determinati e ridotti casi in cui i rischi sono evidenti?

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