Alleanze mobili

La mobilità elettorale è sempre più spinta e, soprattutto, sempre più indecifrabile. Se un tempo, parlo della prima e degli inizi della seconda repubblica, le appartenenze politiche, culturali e ideologiche erano sufficientemente note e ingessate, con l’irruzione del populismo sono saltate tutte le categorie del passato e lo stesso voto è sempre più in balia degli umori e delle scelte “dell’ultimo momento”, come si suol dire. È appena sufficiente fare un esempio concreto per rendersene conto e partendo proprio dalle ormai prossime elezioni amministrative torinesi. Mi riferisco all’alleanza a livello nazionale e del potenziale accordo a livello locale tra il Pd e il partito di Grillo e Conte. A Torino, dopo cinque anni di persistenti e continui attacchi politici e personali tra i due partiti, di ripetute e altrettanto puntuali accuse di fallimento politico ed amministrativo e sempre armati gli uni contro gli altri di polemiche sulla presunta incapacità di guidare la città, adesso si parla tranquillamente che al ballottaggio si potrebbe arrivare anche ad un accordo politico se non addirittura ad un apparentamento. Tutto legittimo, come ovvio e scontato. Ma una domanda si impone, almeno per chi non segue bovinamente le indicazioni centrali dei partiti. E cioè, tutto l’elettorato seguirà queste indicazioni? O ci saranno delle sorprese cammin facendo? Discorso un po’ diverso, perché meno eclatante e plateale, vale però anche per lo schieramento alternativo.

Ora, quello che vale la pena evidenziare è che in un clima politico sempre più dominato dal populismo e dal trasformismo, diventa estremamente difficile valutare e scrutare con largo anticipo l’orientamento concreto dei cittadini/elettori. E questo per un semplice motivo: il cambiamento repentino del comportamento e delle scelte dei singoli partiti dettato da motivazioni di potere e di conservazione del medesimo, induce anche ad un altrettanto e ancor più rapido mutamento delle scelte politiche degli elettori. Non a caso, parlando del voto nelle grandi città a cominciare proprio da Torino, l’attenzione si sposta – e giustamente – anche e soprattutto sul profilo del candidato a sindaco. Ma rischia di fermarsi lì. Cioè sulla simpatia, sulla empatia e sul carattere del candidato a sindaco prescindendo da qualsiasi ragione politica per non dire programmatica o valoriale.

Ecco perché qualsiasi sondaggio che venga commissionato con largo anticipo rischia di non cogliere quella specificità che ormai domina incontrastata nella cittadella politica. Soprattutto per quelle consultazioni locali dove la mobilità elettorale è diventata la regola e non più una eccezione. In buona sostanza, sono finiti i tempi in cui alle indicazioni centrali dei partiti e dei rispettivi leader seguivano passivamente le scelte concrete degli elettori. Ora è, appunto, tutto più mobile e quindi tutto più imprevedibile e più contendibile. A partire anche e soprattutto da chi guiderà politicamente la città di Torino da ottobre in poi. 

print_icon