Da Novelli a Sanders

Avevo appena dieci anni quando al mercato rionale di via Don Grioli iniziai a sentire parlare con enfasi delle “Giunte rosse”. In casa, i miei familiari commentavano con soddisfazione come le grandi città del Paese fossero passate dal governo democristiano a quello della Sinistra, grazie alla storica alleanza Pci-Psi.

Giorno dopo giorno in me prendeva forza il mito del sindaco Diego Novelli, e al contempo non disdegnavo il primo cittadino romano Argan insieme a Valenzi, Zangheri, Tognoli e altri duemila amministratori comunisti, sparsi per tutta Italia durante il decennio 1975-1985.

Una rivoluzione avvenuta tramite il voto democratico aveva portato intellettuali, giornalisti dell’Unità, urbanisti illuminati alla guida dei consigli comunali un tempo roccaforte delle correnti conservatrici in seno alla Democrazia Cristiana. Torino, Milano, Roma, Bologna, Napoli diventarono improvvisamente protagoniste di una stagione ricca di importanti riforme. In poco tempo i nuovi esecutivi attuarono il decentramento amministrativo, riconobbero nuove forme di partecipazione popolare tramite i comitati spontanei e i consigli di quartiere. Furono aperti asili nido a tutela delle madri lavoratrici, scuole per garantire l’istruzione anche in periferia e piscine pubbliche. Nel capoluogo piemontese aumentarono i servizi destinati ai cittadini, e pure le bocciofile e gli spazi riservati all’aggregazione.

Le “Giunte rosse” hanno amministrato con scelte coraggiose, privilegiando i temi sociali senza mai scordare di difendere i lavoratori e i loro posti in fabbrica, e soprattutto costruendo un rapporto con i cittadini di cui ancora oggi se ne rimpiangono i benefici, derivati da scelte condivise.

In seguito, decenni di taglio delle voci di spesa nei bilanci, accompagnati da una rinuncia progressiva a gestire la cosa pubblica, sono stati la causa di una progressiva riduzione dei servizi destinati alla persona nonché della incessante privatizzazione di ampi settori comunali. Ripianare i conti, dopo epoche di investimenti errati, è sempre scelta che comporta sacrifici per i settori più deboli.

Alla vigilia della prossima tornata elettorale lo scenario politico non ha più nulla da spartire con le maggioranze social-comuniste al potere sul finire degli anni ’70: una mutazione irreversibile del “fare politica” non incentrata sul bene comune ma di massima su percorsi prettamente individualistici. Di quelle giunte resta quanto non distrutto dai sindaci espressione della Repubblica nata dopo lo scandalo di Tangentopoli,restano il ricordo e il termine di raffronto con la classe politica trasversale che oggi si accontenta di gestire l’ordinario nella speranza di una improbabile scalata al successo personale, ma a scapito della giustizia sociale.

La funzione pubblica, attualmente, è ampiamente delegata ai privati, i quali oramai rivestono anche il ruolo di riferimento primario per chi si rivolge ai servizi sociali: un inesorabile declino il cui apice sarà un’amministrazione comunale ridotta a compiti di passacarte, oppure trasformata in penosa erogatrice di contributi a pioggia. Solamente una schiera di nuovi “sindaci sociali” potrebbe riuscire nell’intento di rimettere i cittadini al centro dell’azione politica.

Non credo sia solamente un sogno utopistico auspicare l’arrivo di un Sanders nostrano. Bernie Sanders, senatore statunitense per lo Stato del Vermont e precedentemente sindaco di Burlington, è riuscito ad attuare un modello di governo municipale socialista con l’indiscusso sostegno dei suoi cittadini e in un’epoca dove il maccartismo mieteva ancora vittime.

Sanders sostiene misure di reddito minimo per le fasce più deboli della popolazione, oltre a dichiararsi contro le guerre “per esportare la Democrazia” e a sfavore della pena di morte. Ha un suo seguito importante, soprattutto tra i giovani, e non perde occasione per candidarsi alle primarie del Partito democratico, malgrado i suoi settant’anni, ottenendo sempre un’affermazione al di sopra delle aspettative.

Quando si governa per il bene comune, ricoprendo il proprio ruolo istituzionale con umiltà, l’azione amministrativa diventa efficace nonché strumento utile al rilancio del benessere collettivo. Al contrario, chi si candida per privilegiare interessi lobbistici condanna l’intero territorio alla morte per entropia.

“Sanders italici” cercasi disperatamente.

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