SANITÀ

Emergenza Pronto soccorso, mancano 200 specialisti

Terapia d'urto per superare le carenze di organici: aumenti di stipendio, nuovi posti da primario e formazione sul campo con le Università per attrarre professionisti

In ogni Pronto Soccorso del Piemonte mancano, in media, otto medici e altrettanti infermieri. Negli avamposti della sanità regionale, in quel fronte più avanzato dell’ospedale verso la popolazione e la sua necessità di avere cure immediate, c’è una carenza di quei camici bianchi la cui specializzazione sta nell’acronimo Meu (medico di emergenza-urgenza) quantificata in non meno di duecento professionisti.

I bandi sono di fatto sempre aperti, i concorsi si fanno ma vanno deserti o quasi, le università dove una programmazione maldestra e priva di (pre)visione sfornano pochissimi specializzati. Ma i Pronto Soccorso non possono chiudere, non si può rinunciare alla prima linea che anzi va rafforzata, perché così com’è messa oggi rischia di cedere anche se ha tenuto, eroicamente nei momenti più drammatici. Il peso di due anni di emergenza si aggiunge a quello di ogni giorno di lavoro con organici ridotti, il rischio per i pazienti è una conseguenza da mettere nel conto, le ore talvolta i giorni di attesa sulla barella sono figlie di un problema ancora irrisolto. 

Fuori di dubbio la necessità di una terapia d’urto. L’ipotesi di cura elaborata nelle ultime settimane in corso Regina Margherita è contenuta in documento di dieci pagine che domani incomincerà ad essere discusso con i primari dei Pronto Soccorso e i coordinatori degli infermieri, poi si passerà alle organizzazioni sindacali.

Sembra un rimedio banale, ma nei fatti dovrebbe rivelarsi un dei punti di forza per arginare l’emorragia di sanitari dai Pronto Soccorso e favorire l’arrivo di nuovi professionisti ed è la messa sul tavolo di incentivi economici. Per comprenderne l’importanza basta ricordare che al contrario di tutti gli altri medici che operano in ospedale è ben difficile, proprio per la particolare specializzazione, che un urgentista possa integrare il suo stipendio con la libera professione. Non solo, un’attività totalizzante e tra le più usuranti per ritmi ed orari, difficilmente consentirebbe ai medici dei Pronto Soccorso di uscire da lì e andare in studio privato. E poi al contrario di molti altri colleghi che possono contare su voci aggiuntive allo stipendio, per loro questo non accade. Da qui la scarsa disponibilità sul mercato di questo genere di specialisti. Lo stesso vale per gli infermieri. 

“Stiamo lavorando a una serie di azioni incentivanti, sia ovviamente sotto il profilo economico, ma anche per quanto riguarda l’ambiente di lavoro, gli orari e quant’altro oggi rende davvero gravoso questo ruolo nella sanità. Dobbiamo ridurre nei tempi più brevi possibili una carenza di personale veramente pesante”, conferma l’assessore regionale Luigi Icardi. Gli incentivi vanno bene, però, bisogna trovare i professionisti che continuano a scarseggiare in tutto il Paese. Impensabile pensare di attendere anni per sperare nei futuri specializzati che usciranno dalle Università. “Faremo dei corsi di abilitazione come ha già fatto in via sperimentale la Toscana in modo da formare in tempi stretti dei medici inserendoli da subito nei Pronto Soccorso, sempre in collaborazione con le Università che resteranno un passaggio ineludibile nel percorso formativo degli specializzandi”, aggiunge l’assessore che nei dattagli di questo progetto scenderà proprio dopodomani nell’incontro con i primari. 

E a proposito di questi ultimi, la terapia d’urto, ne prevede di nuovi. Oggi, specie nei piccoli e medi ospedali la direzione del Pronto Soccorso, proprio per la carenza di personale, è affidata a un primario di un altro reparto. Una situazione certo non ottimale vista la difficoltà a sovrintendere sul campo e direttamente un settore così nevralgico e problematico per chi già deve governare un’altra specialità dell’ospedale. Anche l’apertura alla direzione di struttura complessa (la dicitura attuale del vecchio primariato) oltre che migliorare l’efficienza organizzativa e gestionale dei Pronto Soccorso conterrà in sé un elemento incentivante per attrarre quei professionisti che oggi mancano e si fa difficoltà a trovare.

“Una cosa è certa: non ci sarà nessun ridimensionamento, tantomeno nessuna chiusura anche nei presidi più piccoli  – sottolinea Icardi – I Pronto Soccorso li vogliamo rafforzare quanto più rapidamente possibile e nei nostri piani c’è anche la volontà di riaprire quello di Cuorgnè che è l’unico attualmente chiuso”.

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