Distrazione di massa

Un tempo c’era entusiasmo, c’era vivace partecipazione tutto intorno alle competizioni comunali: stati d’animo agonizzanti da qualche anno, e del tutto spariti in questo autunno (il secondo) segnato dal virus.

L’epidemia ha dato letteralmente una spallata al passato, come già constatato in questa rubrica, lasciando esanime a terra la partecipazione elettorale, e riservando l’euforia per le vittorie scaturite dalle urne a pochi addetti ai lavori.

Tra gli stand del Salone del Libro, che ha riaperto i battenti dopo due anni di assenza, pochi hanno dedicato qualche parola, anche solo un pensiero, ai vari ballottaggi in corso durante la manifestazione libraria. La maggior parte del pubblico e degli editori si è cimentata nei dibattiti pubblici e nella ricerca di nuovi titoli, mostrando disinteresse per le dispute tra candidati.

Le elezioni, la cui campagna è stata avviata nel pieno dell’estate, sono state caratterizzate dall’apatia. A Torino si è detto ripetutamente che i giochi erano già compiuti, e Damilano sarebbe stato il nuovo sindaco della città post-Appendino. Le periferie, secondo i più, erano oramai in mano a Meloni e Salvini: uno stato di fatto che avrebbe sicuramente condizionato la composizione della futura giunta alla guida di Torino. Il capoluogo piemontese, Medaglia d’Oro al Valor Militare per la Resistenza, era destinato a subire almeno cinque anni di amministrazione di destra.

Invece il 42% dei torinesi che si è recato alle urne ha ribaltato ogni pronostico scegliendo, a maggioranza, Lo Russo (Pd) come “primo cittadino” del quinquennio 2021-2026. Il neosindaco a conti fatti ha goduto però dell’approvazione del 24,5% degli aventi diritto al voto. La giunta che andrà presto a insediarsi avrà quindi un mandato monco, poiché affidato da un solo cittadino su quattro, diventando la testimone oculare del distacco profondo esistente tra elettori e istituzioni, o meglio tra torinesi e Sala Rossa. I filo statunitensi di casa nostra potranno finalmente esultare per veder importato in Italia il modello democratico a stelle e strisce.

Di certo, il dato eclatante delle astensioni va di pari passo con quello della sonora sconfitta della destra, di coloro che immaginavano l’ascesa inarrestabile di Meloni a Palazzo Chigi. Una débâcle difficile da spiegare alla luce del forte vento che soffia a favore delle vele di Lega e Fratelli d’Italia, dovuta forse al disorientamento in cui è caduta la maggior parte degli elettori che fino a qualche mese fa invocavano ordine e sicurezza.

L’impressione è che il voto comunale sia stato condizionato dalle vicende politiche nazionali anziché da quelle territoriali. La valanga di demagogia abbattutasi sulla popolazione ha maldestramente tentato di nascondere il volto iper-decisionistico del governo Draghi: un efficientismo a scapito della democrazia, ma gradito in maniera particolare dai mondi della finanza e della grande impresa.

L’applicazione così ampia del green pass, e soprattutto le pesanti sanzioni previste per chi ne è sprovvisto sul luogo di lavoro, richiama nei cittadini esausti l’immagine di un Paese che dall’ultimo banco vuole diventare il primo della classe a qualsiasi costo. La corsa verso la medaglia d’oro riservata alle nazioni occidentali maggiormente virtuose costringe i governi a lasciare indietro alcune classi sociali, compresi i lavoratori, e a mettere in serie difficoltà le piccole imprese.

Il corteggiamento dello Stato agli investitori stranieri è riscontrabile pure nei dati resi pubblici con enfasi dall’Università Cattolica di Milano. L’istituto accademico ha calcolato il costo delle cure sanitarie dedicate ai contagiati dal virus privi di vaccino. Conteggio odioso, dall’impressionante faziosità e utile soprattutto a mettere i cittadini l’uno contro l’altro. Invero, mai è stato calcolato il danno provocato dalla privatizzazione della sanità in Lombardia e neppure il deficit causato da scandali e saccheggi vari inerenti le forniture destinate all’emergenza scatenata dal virus. Nessuno ha reso pubblico il danno erariale causato dall’inquinamento, e neppure la sua ricaduta sulla salute pubblica, così come la stessa addizione non è stata fatta per verificare le conseguenze economiche negative derivanti dalla riduzione dei servizi sanitari territoriali (quelli capillari). Men che meno è stato denunciato l’impatto sugli ospedali dei veleni scaricati nelle acque, e delle produzioni industriali che diffondono gas tossici nell’aria.

Politica e una parte del giornalismo stanno fomentando uno scontro durissimo tra vari settori della popolazione, da cui sta sorgendo un Paese lacerato, stanco e diviso. Così In Italia si vota sempre meno, permettendo che a decidere il destino collettivo sia chi rappresenta gli interessi della speculazione globale. La distrazione di massa in atto segna la fine dell’utopia, ma anche della speranza in un mondo migliore.

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