E adesso ritorna la politica?

Il populismo, almeno così pare, dovrebbe arrivare rapidamente al capolinea. Almeno così pare perché i partiti che fanno e che hanno fatto del populismo la loro cifra distintiva, a cominciare come tutti sanno dai 5 stelle, ancora conservano un consenso significativo benché oltremodo dimezzato rispetto ad appena tre anni. Ma, al di là dei 5 stelle e della loro vicenda politica – che interessa il partito di Grillo e di Conte e il Pd – quello che adesso non può essere sottovalutato è il potenziale e sempre più auspicato ritorno della politica. Lo si percepisce nella pubblica opinione, tra le persone, nel mondo culturale come nelle realtà associative, nelle realtà popolari come nelle sedi accademiche. Certo, c’è un sempre più preoccupante e crescente astensionismo elettorale. Ma questo è riconducibile da un lato al fallimento – come si poteva intuire sin dall’inizio ma gli italiani sono anche un popolo che insegue facilmente le mode per poi dolersene dopo poco tempo – del populismo e delle promesse fasulle con cui aveva conquistato rapidamente il consenso popolare e, dall’altro, dalla mancanza di un’offerta politica adeguata e pertinente capace di saper intercettare le istanze e le domande di milioni di persone che, di fatto, non si riconoscono più nell’attuale geografia politica italiana.

Ora, che ci sia un processo di scomposizione e di ricomposizione del quadro politico italiano è un fatto di tutta evidenza. Ad iniziare dalla formazione di un soggetto/partito di “centro” riformista, democratico e plurale che farà il suo esordio nelle prossime settimane a livello nazionale. Ed in attesa di questa rivoluzione democratica che chiuderà una stagione politica che si è aperta con l’irruzione del populismo giustizialista, manettaro, antipolitico e qualunquista, è di tutta evidenza che la nuova fase che si sta per aprire avrà degli ingredienti precisi. Per non andare troppo lontano e restare dalle nostre parti geografiche, è sufficiente osservare le prime mosse del neosindaco di Torino Stefano Lorusso per rendersene conto. E cioè, la necessità di ridare alla politica anche e soprattutto competenza specifica, una visione di insieme e più attenzione al merito. Detto così sembra quasi la riscoperta dell’acqua calda ma dopo l’ubriacatura dell’ideologia “dell’uno vale uno” pareva quasi lunare ripensare ad una politica pensata e competente. Certo, non ci possiamo illudere del ritorno dei partiti popolari del passato che erano anche centri di elaborazione culturale nonché di profondo radicamento sociale e territoriale. Ma è indubbio che la voglia di riavere una classe politica competente e autorevole – a tutti i livelli – è fortemente sentita ed auspicata dalla pubblica opinione.

E poi c’è un altro elemento che, almeno parlando della mia area culturale, quella cattolico popolare e sociale, si coglie in modo palpabile. Ovvero, un ritorno di interesse – e non solo storico ma anche e soprattutto politico e culturale – attorno al magistero dei grandi leader e statisti che hanno contribuito a caratterizzare, con la loro azione concreta, l’evoluzione della politica italiana negli scorsi decenni. Da Carlo Donat-Cattin a Franco Marini, da Tina Anselmi a Mino Martinazzoli a molti altri. Semplicemente, parlando sempre di quest’area culturale e valoriale, cresce la consapevolezza che non si possa continuare a disperdere un patrimonio politico e di idee per inseguire spregiudicatamente le ultime mode sul mercato. Chi ha parlato di “anno zero” in questi ultimi anni – cioè tutti coloro che facevano coincidere un nuovo inizio della politica italiana con la loro discesa in campo – si è reso conto del sostanziale fallimento del loro progetto politico. E questo per un motivo persin troppo semplice da ricordare. E cioè, “il nulla della politica”, per dirla con una felice espressione di Mino Martinazzoli verso la fine degli anni 2000, non poteva generare una nuova stagione della politica. E così è stato.

Adesso, finalmente, si può invertire la rotta. Tocca soprattutto a coloro che non hanno sposato il populismo e che non pensano che il populismo sia un toccasana per risolvere i problemi, farsi avanti. Per fortuna il quadro politico è in rapida evoluzione. E, soprattutto, le sub culture del recente passato sono destinate ad essere ricordate come una semplice meteora della e nella politica italiana. E questo non per il bene dei partiti o degli schieramenti politici che ci saranno da oggi in poi, ma per la qualità della nostra democrazia e la credibilità delle nostre istituzioni democratiche.

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