Bonus di Stato a premio

Da pochi giorni è attivo il cosiddetto bonus terme che permette di ottenere un rimborso di parte della cifra spesa per una vacanza presso uno stabilimento termale. Il classico esempio di welfare che costituisce un trasferimento netto di ricchezza dai ceti meno abbienti a quello più abbiente: un disoccupato o un precario non avranno i soldi per andare in vacanza. Alla fine lo Stato italiano finanzia le vacanze di chi gode di un certo benessere. Non solo. Dato che la richiesta va fatta via Internet compilando appositi moduli elettronici sarà appannaggio di chi ha conoscenza nel campo burocratico e familiarità con la tecnologia introducendo ulteriori discriminazioni. Un po’ come è successo con il cashback di Stato che è si è tramutato in un regalo a chi già usava i pagamenti elettronici e quindi in qualche modo godeva di un reddito.

Si immagina che il motivo di tale elargizione sia aiutare il settore termale sempre nella logica pianificatrice di voler governare l’economia dall’alto. Se si volesse veramente aiutare l’economia più di incentivi per singoli settori che distorcono il mercato e trasferiscono risorse da un gruppo di cittadini ad un altro in un gigantesco gioco delle tre carte, si dovrebbe procedere ad una riduzione generalizzata di tasse e burocrazia così facendo non si favorisce un settore rispetto ad un altro. Oltre a questi difetti tipici di tutti gli incentivi statali, si aggiunge un ulteriore elemento: per ottenere questo bonus bisogna essere veloci a fare la richiesta prima che finiscano i soldi. Chi prima arriva prima alloggia. Si introduce un elemento aleatorio, una sorta di quiz a premi in cui vince chi risponde prima correttamente. Questo tipo di bonus introduce nei cittadini una mentalità da quiz a premi deresponsabilizzandoli e demotivandoli. Perché lavorare quando c’è la lotteria di stato che ci regala premi a gogò?

C’è il reddito di cittadinanza, il bonus cultura, il bonus vacanze e quello per le terme, quello per cambiare i rubinetti e così via. Invece di lasciare in tasca ai cittadini più soldi riducendo la spesa pubblica e quindi le tasse, lasciandoli liberi di spenderli come meglio credono, si elargiscono mancette a destra e a manca cercando di guidare la spesa dei cittadini e abituandoli alla continua dipendenza da “mamma Stato”. Viene il fondato sospetto che tutto ciò non sia fatto per aiutare questo o quel settore, ma per abituare gli individui alla dipendenza dallo Stato che un giorno ti dice di cambiare i rubinetti, un altro giorno di andare in vacanza, l’altro ancora di andare alle terme e così via, in un gigantesco quiz a premi in cui vince chi è più abile a imparare i meccanismi dei vari bonus e incentivi. Non bisognerà più studiare per apprendere un mestiere, ma per imparare come risultare beneficiari dei vari aiuti pubblici. Lo spreco di denaro pubblico è un grosso problema, ma lo è ancora di più ridurre i cittadini a individui dipendenti.

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