LA SACRA RUOTA

Senza un Fondo l'auto affonda

Il Governo italiano è l'unico che non prevede incentivi e interventi per un settore nell'occhio di una "tempesta perfetta" fra transizione ecologica e carenza di microchip. L'allarme dei sindacati: "Fare presto per scongiurare crisi e licenziamenti"

Senza un Fondo che accompagni la transizione verso la conversione elettrica, l’automotive italiano rischia di affondare. A lanciare l’allarme sono i sindacati confederali che lamentano l’assenza da parte del Governo italiano di interventi ad hoc, a partire dalla legge di bilancio per finire a investimenti del Pnrr: una “disattenzione” che rischia di condannare il comparto italiano delle quattro ruote a una crisi senza sbocco. Perché, a differenza dell’esecutivo italiano, gli altri Paesi hanno previsto misure e sostegni.

“Non possiamo assistere in silenzio al declino di uno dei settori industriali più importanti del nostro Paese e al conseguente impatto negativo sull’occupazione. In Italia il già previsto cambio delle motorizzazioni mette a rischio oltre 60.000 posti di lavoro”, affermano il segretario nazionale Fim-Cisl Ferdinando Uliano e il coordinatore nazionale automotive Stefano Boschini. “Nonostante le denunce e le sollecitazioni di sindacato e imprese- spiegano – nella legge di stabilità il Governo non ha previsto nessun intervento a sostegno di un settore travolto dai cambiamenti causati dalla transizione energetica ed ecologica, come pure nessun finanziamento a riguardo è previsto attraverso il Pnrr. Per questo condividiamo le preoccupazioni espresse da Anfia e da altre associazioni del settore. Nei tavoli sull’automotive convocati al ministero dello Sviluppo Economico abbiamo sempre sostenuto la necessità di un intervento con politiche di sostegno per assicurare la sostenibilità sociale e di evitare le ricadute negative sull’occupazione, le cui dimensioni rischiano di essere drammatiche per il Paese. In particolare, abbiamo chiesto la costituzione di un Fondo per sostenere la trasformazione dell’industria automobilistica come hanno fatto in altri Paesi in Europa. Questo Fondo dovrà sostenere gli interventi di carattere industriale, funzionali ad accompagnare il processo di trasformazione e d’innovazione del settore che va dalla digitalizzazione, al cambio delle motorizzazioni, alla produzione di batterie a quella di semiconduttori ma anche delle tecnologie dell'idrogeno e delle catene del valore dell’economia circolare; finanziando contemporaneamente la modernizzazione dell’organizzazione del lavoro nelle piccole e medie imprese”.

Sulla stessa linea la Uilm: “Benché l’automotive rappresenti il primo settore industriale italiano e benché sia formalmente in piedi un tavolo ad essa dedicato presso il Ministero dello Sviluppo economico, il Governo continua ad ostentare una colpevole indifferenza verso le sue sorti. Eppure, la mobilità è al centro di una profonda trasformazione ecologica, mentre la crisi degli approvvigionamenti sta mettendo in ginocchio l’industria”, dichiara Gianluca Ficco, segretario nazionale dei metalmeccanici della Uil, commentando l’assenza di misure nella legge di bilancio. “Il settore dell’auto – argomenta Ficco – è al centro di una tempesta perfetta, fra transizione ecologica e carenza di microchip; le altre potenze industriali si stanno organizzando per riportare in casa produzioni decisive; l’Unione europea impone una marcia forzata verso l’elettrificazione; solo l’Italia si disinteressa a ciò che accade mettendo a rischio decine di migliaia di posti di lavoro”.

I sindacati hanno avanzato al Governo tre richieste: incentivi all’acquisto corrispondenti ai limiti di emissione di Co2 imposti dalla Ue; ammortizzatori sociali specifici per superare la carenza di microchip; fondi per incentivare le riconversioni industriali e più in generale per sostenere gli investimenti nella green economy. “Chiediamo quindi la riconvocazione immediata del tavolo automotive e soprattutto l’adozione di questi provvedimenti vitali per scongiurare chiusure e licenziamenti nelle migliaia di imprese della filiera”.

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