Carceri: Antigone, a Torino sezione psichiatrica indecente

Nel carcere per adulti di Torino, c'è una sezione, chiamata Sestante, che funge da articolazione psichiatrica dell'istituto "dove gli esseri umani sono privati di ogni dignità, trattati come corpi ammassati. Dove si rinuncia a vite umane come se fossero niente". E' quanto denuncia l'Associazione Antigone, che si batte per i diritti dei detenuti, e che chiede che "questo reparto sia chiuso immediatamente". Durante la visita dei rappresentanti dell'Osservatorio di Antigone, che si è svolta nei giorni scorsi, al Sestante nelle circa venti celle singole erano rinchiusi altrettanti detenuti. "La cella è piccola, sporca, quasi completamente vuota. Al centro vi è un letto in metallo scrostato e attaccato al pavimento con i chiodi - riferiscono i rappresentanti di Antigone -. Sopra è buttato un materasso fetido, a volte con qualche coperta e a volte no. Non vi è una sedia né un tavolino. Solo un piccolo cilindro che sembra di pietra dove ci si può sedere in posizione scomodissima. L'intera giornata viene trascorsa chiusi là dentro, senza nulla da fare e nessuno con cui parlare. Unico altro arredo, un orrendo bagno alla turca posizionato vicino alle sbarre, di fronte agli occhi di chiunque passi per il corridoio". "Ogni cella accoglie un essere umano - aggiungono - ma certamente trattato in maniera contraria a quel senso di umanità che la nostra Costituzione chiede alle pene legittime. Alcuni erano solo dei mucchietti di stracci buttati immobili sulla branda. In una cella vi era un uomo sdraiato al buio sul pavimento". Un altro si è avvicinato alle sbarre per chiedere ai visitatori se potevano far aggiustare la turca della sua cella che da quattro giorni non scaricava le sue feci. Un uomo era al buio, raccontano ancora, perché da giorni nella sua cella si era fulminata la lampadina. Infine, nell'ultima cella del corridoio dell'uscita c'era un ragazzino. "Avrà avuto 25 anni - raccontano i rappresentanti di Antigone - appena ci ha visto le lacrime hanno cominciato a scendergli sul volto. Diceva di non capire perché fosse lì, che gli mancava sua madre e che aveva tanta paura tutte le notti". "Gli operatori ci hanno spiegato che era lì in attesa si liberasse un posto in una Rems, le residenze sanitarie per l'esecuzione delle misure di sicurezza psichiatriche. Il ragazzo non avrebbe dovuto trovarsi lì, non c'era titolo per la sua detenzione". "Appena usciti abbiamo chiamato la madre del ragazzo che nessuno aveva avvertito di dove era stato portato il figlio" hanno concluso.

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