Con Lo Russo l'inversione di rotta

Tra le molte attese che caratterizzano la nuova stagione che si è aperta a Torino dopo le recenti elezioni amministrative c’è sicuramente la visione della città – profondamente diversa da chi ha governato sino a poche settimane fa – che declinerà la nuova maggioranza di centrosinistra ma anche, e soprattutto, la qualità della classe dirigente che incarnerà concretamente quel progetto politico ed amministrativo. Perché è proprio su questo versante che si gioca, forse, la principale discontinuità rispetto alla stagione dell’“uno vale uno” di matrice grillina. Cioè della improvvisazione e della casualità al potere. Un tempo si sarebbe detto della “fantasia al potere”.

Ora, sul sindaco Lo Russo, credo che nessuno possa avere dubbi – al di là del giudizio politico che ognuno legittimamente può dare e avere – sulla sua capacità di conoscenza della macchina amministrativa ma anche, e soprattutto, sulla visione politica che ha della città e del ruolo che può giocare nello scacchiere regionale e nazionale. Una prima prova l’abbiamo avuta subito da come il neo sindaco Lo Russo ha interpretato il ruolo della Città metropolitana, cioè un ente che sino ad oggi ha svolto un ruolo grigio ed incolore – cioè non ben definito – dopo la sciagurata e sbagliata legge dell’allora ministro Delrio che abolì le Province. Ovvero, l’unico ente realmente in grado di rappresentare i territori e di interpretarne i bisogni, le domande e le istanze, in particolare dei Comuni periferici rispetto a quelle delle grandi città. Città metropolitana che, almeno per quanto riguarda quella del capoluogo subalpino, si è limitata a giocare un ruolo puramente “toricentrico”. Sia con Fassino e sia con Appendino, al di là di qualsiasi giudizio politico sui rispettivi mandati amministrativi. Lo Russo, al contrario, sin dall’inizio ha individuato proprio nella Città metropolitana un perno per la crescita e lo sviluppo dell’intero territorio. Cioè della grande città, del suo hinterland più immediato e soprattutto della seconda cintura torinese.

Ecco, uno dei tanti esempi che si possono già fare per segnare una netta discontinuità politica rispetto ad un recente passato e che conferma, ancora una volta, che la qualità di una classe dirigente dipende innanzitutto dalla visione complessiva che si ha di un territorio specifico. Dopodiché, anche il neo sindaco di Torino ha dovuto tener conto – come ovvio e scontato – degli equilibri politici che sono scaturiti dalle recenti elezioni comunali. Equilibri che non sempre garantiscono qualità e autorevolezza alla classe dirigente di turno. Ma un fatto è indubbio: con la squadra che Stefano Lo Russo ha messo in campo si percepisce, almeno nella maggioranza dei componenti, una rinnovata qualità della classe dirigente. Un elemento, questo, al di là delle vicende del Comune di Torino, che merita di essere preso in seria considerazione perché la caduta di credibilità della politica e delle stesse istituzioni democratiche da un lato e il crescente astensionismo elettorale dall’altro sono anche e soprattutto il frutto di una scarsa e decadente qualità della classe dirigente politica e amministrativa. Chissà se proprio da Torino partirà, adesso, l’inversione della rotta

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