RETROSCENA

Moby-Tirrenia, passo indietro dei torinesi

Il commercialista Ranalli pare abbia deciso di non certificare più il piano di concordato di Onorato. E si dice che anche il commissario Ambrosini intenda rinunciare all'incarico. Dossier delicatissimo per Giorgetti

La temperatura dello scontro fra il patron del gruppo Moby, Vincenzo Onorato, e l’amministrazione straordinaria della Tirrenia pare abbia raggiunto livelli incandescenti. Sul fronte milanese Moby sta combattendo la sua battaglia per il salvataggio. Il tribunale ha ammesso il concordato, ma sembra che il piano debba essere cambiato e così i consulenti, a cominciare da un grande studio legale e dalla società di revisione sono di nuovo al lavoro. Della squadra fa (o faceva) parte, nel ruolo cruciale di attestatore, anche Riccardo Ranalli, forse il commercialista più “gettonato” oggi a Torino per le riconosciute competenze in materia di risanamenti aziendali. In città si è occupato fra l’altro di Gtt, senza però riuscire a sanare la situazione come dimostrano le difficoltà che si stanno ripresentando in queste settimane e che costituiscono uno dei grattacapi della nuova amministrazione di Stefano Lo Russo.

Si dice che Ranalli abbia preteso molte informazioni “sensibili” da Onorato per attestare il piano e che quest’ultimo non abbia poi troppo gradito, al punto che si starebbe guardando intorno alla ricerca di un sostituto (pare che lo sguardo punti in direzione di Genova). Ranalli stesso, del resto, non sarebbe stato convinto di certificare il nuovo piano, che nelle notizie di stampa (e nei rumors) viene in effetti presentato come molto “traballino”. Divorzio sostanzialmente consensuale, dunque, quello fra Onorato e Ranalli, anche se non è chiaro (o forse invece lo è) chi abbia fatto il primo passo.

Se il disappunto di Onorato è fortissimo lo si deve probabilmente anche all’uso che di quelle informazioni hanno fatto altri soggetti, a cominciare dai commissari della Tirrenia, che l’armatore napoletano considera suoi nemici. E il fallimentarista della terna è un altro torinese, Stefano Ambrosini, grande esperto di crisi, nominato commissario ormai quasi sei anni fa dal Governo Renzi. Che è rimasto anche l’unico giurista fra i commissari dopo la prematura scomparsa del costituzionalista Beniamino Caravita qualche settimana fa. Onorato lo considera, forse non a torto, il “regista” delle iniziative giudiziarie intraprese con successo negli ultimi tempi da Tirrenia a tutela del proprio ingente credito: un sequestro da 20 milioni di euro disposto dal tribunale di Milano contro la Onorato Armatori e una condanna della Cin, controllata dalla Moby, a 160 milioni a favore dell’amministrazione straordinaria.

La tutela dei creditori Tirrenia si può tradurre insomma in un grosso bastone tra le ruote per la ristrutturazione di Moby, che ha una mole notevole di dipendenti e svolge il servizio marittimo con Sicilia e Sardegna. Quel che è certo è che con Ambrosini commissario di Tirrenia i piani della famiglia Onorato e dei suoi consulenti (i cui compensi complessivi, in caso di successo dell’operazione, sarebbero fra i 10 e i 15 milioni di euro) hanno finora incontrato un serio ostacolo. La “ragion di Stato”, oltre ai grossi interessi in ballo, potrebbero suggerire l’uscita del professore, considerato poco “accomodante”. E dato che da qualche tempo sono iniziati a volare gli stracci, con accuse e insinuazioni pesanti, Ambrosini potrebbe giocare d’anticipo rinunciando all’incarico (sempre che non l’abbia già fatto). E ciò senza voler dar credito alle storie che circolano sui social, e a cui hanno accennato un paio di quotidiani, di ex agenti di un servizio segreto mediorientale che avrebbero seguito e “monitorato” manager di fondi stranieri e finanche gli stessi commissari. Sia come sia, l’uscita dei due stimati professionisti torinesi rende più incerto tanto l’esito del concordato Moby che le sorti del credito di Tirrenia. Dove adesso il ministro dello sviluppo economico Giancarlo Giorgetti sarà chiamato a nominare i nuovi commissari.

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