IMPRESA

Il prezzo della transizione ecologica: -70mila posti di lavoro nell'auto

Lo stop alla produzione dei motori a combustione entro il 2035 paralizzerà gli investimenti e porterà a gravi ricadute occupazionali in tutto il Nord Italia. Allarme di Confindustria: "Sconcerto e preoccupazione per le dichiarazioni del Cite"

Il disappunto serpeggiato in questi giorni tra le piccole e grandi imprese impegnate nel settore dell’automotive si è trasformato in una presa di posizione ufficiale in cui si esprime “sconcerto e preoccupazione per le ultime dichiarazioni del Cite”, cioè il Comitato interministeriale per la transizione ecologica. La nota è firmata dai presidenti delle Confindustria del Nord Italia. Il riferimento è alla deadline fissata dal Cite al 2035 per il “phase out delle automobili nuove con motore a combustione interna”, “mentre per i furgoni e i veicoli da trasporto commerciale leggeri entro il 2040”. A preoccupare i vertici di Confindustria è la “mancanza di una progettualità chiara che consenta a migliaia di aziende italiane del settore di adeguarsi gradualmente all’imposizione dell’Ue di procedere con l’elettrificazione dei motori abbandonando completamente la combustione”.

I presidenti evidenziano inoltre come l’orizzonte del 2035, per un’industria che deve “affrontare una transizione tecnologica senza precedenti, è sostanzialmente inattuabile allo stato odierno”. “Senza l’indicazione – aggiungono – di un’alternativa, o quantomeno l’introduzione di un principio di gradualità, la strada tracciata dall’Ue comporterà il blocco degli investimenti nei motori a combustione oltre alla sostanziale chiusura del mercato con conseguente perdita di migliaia di posti di lavoro. Solo in Italia si rischia di bruciare oltre 70mila posti di lavoro entro il 2030”.

Nel solo Piemonte sono presenti 737 aziende del settore automotive (il 33,5% del totale a livello nazionale) che complessivamente occupano quasi 100mila addetti.

Confindustria Nord ribadisce che gli imprenditori italiani sono “favorevoli alla decarbonizzazione” e chiede “quanto prima un Piano di politica industriale per la transizione del settore automotive che tenga in considerazione le esigenze delle aziende. Il Piano dovrebbe prevedere, inoltre, indicazioni su come colmare il gap delle competenze professionali e dovrà porsi l’obiettivo di frenare le spinte delocalizzatrici che saranno inevitabili nel momento in cui l’impresa valuterà più competitivo produrre al di fuori dell’Europa, dove sono già ampiamente utilizzate quelle tecnologie necessarie a rendere sostenibile l’elettrificazione, dove sono presenti le competenze per implementarla, e dove i vincoli burocratici non sono dettati dalle ideologie ma dal mercato. Non è attraverso politiche anti-delocalizzazioni che si attraggono imprese sul territorio italiano”. 

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