MOBILITÀ

Trasporti, dal Pnrr 200 milioni per uscire dal binario morto

Con il 2022 arriverà (finalmente) il nuovo contratto di servizio con Trenitalia. Risorse anche per il trasporto su gomma. L'interesse di grandi gruppi per il settore, ma Gabusi avverte: "No a una società unica pubblico-privata". Da ricostruire la macchina regionale

Dopo quattro anni, finalmente, il Piemonte incomincerà il 2022 con un nuovo contratti di servizio con Trenitalia. “Abbiamo messo a bilancio 15 milioni di euro per le prossime annualità. Ci sono le condizioni per sottoscriverlo in tempi molto brevi”, conferma l’assessore ai Trasporti Marco Gabusi. Lo fa con un’avvertenza: “I 15 milioni annui per dieci anni ci consentono di siglare un nuovo contratto che non prevede nuovi investimenti, ma ci mette finalmente in una condizione di normalità che mancava da anni. Questo ci consentirà, se avremo qualche risorsa in più, di riaprire linee attualmente non in funzione”. Non nega l’assessore che “quello che per anni è stato raccontato e annunciato non ha avuto traduzione in pratica. Se oggi ci troviamo in queste condizioni le ragioni sono evidenti: si è parlato tanto e si è fatto poco”.

Nessun effetto immediatamente percepibile, quindi, nei prossimi mesi, ma basi diverse e si spera più solide rispetto al passato per un nuovo corso in una parte importante, qual è quella ferroviaria, del trasporto pubblico locale nell’epoca del Pnrr. Milioni dall’Europa per far viaggiare meglio i piemontesi e costruire una rete della mobilità più efficiente e sulla quale poggiare il più ampio piano nazionale di ripresa e resilienza nell’ambito regionale. Sono circa 140 quelli per la Canavesana e la Torino-Ceres, 30 milioni per i servizi su gomma, 25 per nuovi treni.

Il Pnrr potrebbe riportare, tra l’altro, sul tavolo una ipotesi che più volte si è affacciata, in passato, come soluzione innovativa per un settore da tempo in sofferenza ma di recente e ancor più con l’arrivo di cospicue risorse economiche dall’Unione Europea oggetto di interesse di grandi gruppi anche stranieri. È nella creazione di una grande società pubblico-privata, come appunto ipotizzato, il futuro della mobilità piemontese? “No, sono decisamente contrario a questa ipotesi”, spiega Gabusi troncando sul nascere ogni possibilità di imboccare la strada di una holding, un grande contenitore in cui mettere operatori pubblici e privati del settore. “Abbiamo operatori importanti che il mercato sta portando a unirsi, a consorziarsi e questo è un aspetto positivo. Ma noi dobbiamo fare tutto il possbile per tutelare le nostre imprese e non credo che la soluzione di cui si era parlato in passato e che qualcuno ancora caldeggia sia lo strumento giusto”. 

Uno strumento che, invece “funziona abbastanza bene, ma potrebbe e dovrebbe funzionare meglio” è l’Agenzia della mobilità piemontese, presieduta da Licia Nigrogno. “È una struttura che è stata scarsamente dotata di personale a fronte di molte funzioni assegnate”, osserva l’assessore non mancando di evidenziare un effetto collaterale negativo. “Negli scorsi anni proprio in virtù del ruolo e delle funzioni attribuite all’agenzia, il settore Trasporti della Regione ha subito una sorta di depauperamento delle risorse professionali. Ormai di persone che si occupano di mobilità, nei nostri uffici, ce ne sono davvero poche e questo è frutto di scelte assurde e sbagliate che abbiamo ereditato e che stiamo cercando di rimediare”.

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