Il centro e la sinistra sociale

Il cambiamento della politica italiana avrà una accelerazione dopo l’elezione, ormai prossima, del futuro Presidente della Repubblica. Un cambiamento che, tra l’altro, coincide anche con il ritorno del “centro” e, soprattutto, della “politica di centro”. Cioè di una prassi e di una cultura che in questi ultimi anni sono stati sacrificati sull’altare del bipolarismo muscolare frutto e conseguenza di una massiccia e persistente radicalizzazione del conflitto politico. Ora, con il progressivo esaurirsi del populismo grillino e del carico di antipolitica e di qualunquismo che si trascinava dietro, è persin ovvio che il tutto coincida anche con il ritorno della politica, dei partiti organizzati e radicati nel territorio e, di conseguenza, delle culture politiche. Lontani, quindi, dal massimalismo della sinistra, dal populismo grillino e dal sovranismo di alcuni settori della destra. Un “centro”, quindi, plurale, democratico e di governo.

Ed è proprio in un contesto come questo che è possibile recuperare alcuni filoni ideali che negli ultimi anni sono stati semplicemente oscurati e marginalizzati per svariate motivazioni nello scenario politico italiano. A cominciare, innanzitutto, da chi si è riconosciuto per molto tempo in quel patrimonio ideale, politico e culturale. Parlo, nello specifico, di quella tradizione che viene comunemente definita come “sinistra sociale” di ispirazione cristiana. Cioè una tradizione che a lungo si è riconosciuta nella Democrazia Cristiana, nel Partito Popolare Italiano, nella Margherita e, in modo ormai molto flebile e alquanto approssimativo, nel percorso iniziale del Partito democratico. L’irruzione del populismo grillino ha cancellato, se non addirittura raso al suolo, le culture politiche che hanno accompagnato e condizionato il cammino e il consolidamento della nostra democrazia. E il ritorno della politica, dei partiti e delle culture politiche, appunto, ridà speranza per una possibile inversione di rotta.

Ma il pensiero politico e culturale che per anni si è identificato con gli esponenti storici di questo filone, cioè Carlo Donat-Cattin e Franco Marini, può rinascere – ovviamente rivisto e aggiornato – in un soggetto politico nuovo che non è lontanamente riconducibile al massimalismo della sinistra alleato con ciò che resta del populismo nostrano o con alcuni spezzoni del sovranismo riconducibile alla destra. E proprio un soggetto politico nuovo come una Margherita 2.0 può far rivivere una tradizione distinta e distante dalle attuali formazioni in campo che sono e restano frutto della stagione populista e demagogica che ha caratterizzato la fase politica di questi ultimi anni.

Insomma, si apre una stagione politica che può offrire grandi potenzialità e straordinarie opportunità per inverare nella politica contemporanea valori, principi, idee e progetti che hanno caratterizzato le migliori stagioni della politica italiana. E, per quel che mi riguarda, quella del cattolicesimo sociale e politico.

Ecco perché con la ripartenza di un “centro” che non si riduce ad una banale rendita di posizione o ad un equilibrismo trasformistico ed opportunistico ma che, al contrario, rideclina un progetto politico, culturale e di governo credibile e non riconducibile a logiche populiste e demagogiche, si può riqualificare la stessa funzione e il ruolo della politica nella società contemporanea. A cominciare, appunto, anche dal recupero della cultura e dalla politica che comunemente viene definita come la “sinistra sociale di ispirazione cristiana”.

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