INIEZIONE DI FIDUCIA

Un anno sotto il segno del Covid

La variante Omicron ci accompagna in questo inizio 2022, ma una cosa è certa: con il virus dovremo convivere ancora a lungo. Il professor Di Perri striglia la sanità, "per metà fatta di scrivanie", e prevede una nuova vaccinazione in estate

Il 2022 sarà ancora un anno del Covid? La domanda, tra angosce e speranze, è di quelle che non possono attendersi risposta certa. “Dipenderà molto dalla conferma o meno che la variante Omicron sia finalmente meno capace di produrre malattie serie. Se così sarà, effettivamente si potrebbe prendere una buona china, sempre con la buona volontà di produrre un vaccino aggiornato e rinnovato”. Poco più di un anno fa il professor Giovanni Di Perri, primario di Malattie Infettive all’Amedeo di Savoia fu il primo piemontese a sottoporsi alla vaccinazione. 

Oggi la sanità regionale sta mettendo in campo le forze necessarie per arrivare a fine gennaio con più di un milione di terze dosi somministrate al ritmo di 55mila al giorno. Visto che la comunità scientifica è unanime nell’affermare che con il Covid dovremo convivere, che cosa comporterà questa forzata, ma inevitabile convivenza?
“Faremo come per l’influenza. C’è un modo di conviverci, che prevede anche una vaccinazione periodica, soprattutto per alcune fasce di popolazione più a rischio. Questo sempre se le previsioni e gli auspici sulla morbilità della variante Omicron verranno confermati e il virus non si riserverà sorprese diverse”.

È passato un anno da quando lei ha aperto la campagna vaccinale in Piemonte. Tra intoppi iniziali, accelerate, incertezze su alcuni tipi di vaccini, qual è il bilancio sia pure ancora provvisiorio?
“La partenza è stata necessariamente lenta, perché a questo sistema sanitario è stato chiesto di fare, non al posto di ma in più, una caterva di tamponi, il tracciamento e le vaccinazioni. Però poi si è andati sempre meglio e oggi si sta facendo bene”.

Una sanità chiamata a un’emergenza imprevedibile, ma che ha messo in luce grandi capacità, ma anche pesanti inefficienze. È d’accordo?
“Metà della sanità è fatta di inutili scrivanie. Si è chiesto di lavorare di più a chi già lavorava”.

L’esperienza di questi due anni dovrebbe servire a cambiare quel che non funziona, da anni, nella sanità?
“Di sicuro non possiamo permettere che diventi un’Alitalia con la fine che conosciamo. Sarebbe auspicabile che ci fosse una rivalutazione delle competenze e della capacità. Questo naturalmente è un aspetto nazionale. Se pensiamo che una laurea in medicina è pagata per il 92% dalle tasse di 18 famiglie per sei anni, se non si cambia nei prossimi anni i migliori andranno all’estero dove non hanno pagato un euro per formarli. O cerchiamo di capire perché molti concorsi vanno deserti e si pone rimedio, oppure il destino è segnato”. 

Tornando ad aspetti, diciamo, più clinici in Piemonte dopo un periodo in cui lei aveva denunciato ripetutamente lo scarso utilizzo degli anticorpi monoclonani per evitare evoluzioni gravi del Covid, oggi i numeri sono finalmente alti e si somministrano anche negli ospedali più piccoli. Un risultato importante.
“Un ottimo risultato. Il problema è riuscire ad averne in tempo di nuovi che funzionino anche per le infezioni da Omicron. Ce n’è già uno il Sotrovimab e altri speriamo arrivino presto”.

Intanto dobbiamo mettere in conto di tornare a porgere il braccio prima del prossimo autunno?
“Spero che entro giugno sia distribuito il nuovo vaccino. Rinnoverà un livello di protezione, gli anziani dovranno essere vaccinati per primi così come i fragili, poi le altre parti della popolazione. Questo, insieme alle regole che ora più che mai è necessario rispettare, significa convivere con il Covid, auspicando che, come alcuni studi sembrano indicare, la variante Omicron sia una sorta di trasformazione del virus in qualche cosa di molto simile a un’influenza. Da cui comunque bisogna proteggersi e proteggere i più fragili”.

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