Covid: Piemonte, una microimpresa su 5 manterrà smart working

Un'impresa piemontese su cinque (19,7%) tra gli iscritti di Cna è ricorsa allo smart working e il 14,1% pensa di adottarlo in futuro. Una percentuale quasi doppia rispetto alle percentuali nazionali registrate dall'Istat. In Italia il lavoro a distanza nella seconda parte del 2021 è stato scelto in media dall'11,1% delle realtà produttive, del terziario e dei servizi. Su un campione di oltre 1300 aziende piemontesi, per rispondere alla pandemia il 50% ha usato la cassa integrazione, il 40% lo smaltimento ferie e permessi e il 19.7% ha optato per lo smart working; in futuro, imprenditori e artigiani intendono adottare ancora cassa integrazione per il 20%, smaltimento ferie e permessi per il 36.6% e lo smart working per il 14,1%. "Ci sono alcune precisazioni da fare - spiega Daniele Marini, docente di sociologia dei processi economici all'Università di Padova e responsabile scientifico del progetto Monitor Piccole Imprese di Cna Piemonte - sicuramente la percentuale rilevata dal campione è molto alta, quasi doppia rispetto a quella certificata dall'Istat. Il lavoro a distanza però è adottato in modo tattico e non strategico, come risposta alle limitazioni della circolazione e non come cambio di mentalità nella gestione delle imprese. Si parla indistintamente spesso di smart working, ma nella stragrande parte dei casi è telelavoro, cioè traslocare i dipendenti dagli uffici a casa, mantenendo orari e flussi di lavoro. Lo smart working non solo richiede investimenti in connettività e tecnologia, ma anche il cambio di prospettiva per un lavoro dipendente che passi dalla scansione oraria a quella per obiettivi. Infine, è necessario un forte investimento in formazione". "Vogliamo lavorare con la Regione e gli altri attori politici del territorio perché parte dei fondi del Pnrr possa assecondare e agevolare la trasformazione dello smart working" afferma il segretario regionale di Cna Piemonte Delio Zanzottera.

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