Il ritorno dei "cattivi maestri"

A volte ritornano. Parlo di quei “cattivi maestri” che affrontano le drammatiche situazioni che ci consegna la storia lanciando slogan e parole d’ordine pericolose e a volte anche letali per conservare e rafforzare la nostra democrazia. Mi riferisco, nello specifico, a due slogan. A fine anni ‘70 nei giorni drammatici del rapimento e poi dell’assassinio del Presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro, molti intellettuali, giornalisti e politici prevalentemente riconducibili all’area della sinistra parlamentare ed extraparlamentare, teorizzavano l’ormai celebre slogan “né con lo Stato e né con le Br”. Una posizione di “terzietà” che non ha certamente giovato alla qualità della nostra democrazia, alla difesa delle nostre istituzioni democratiche e, soprattutto, alla presa di distanza dal vero nemico. Che in quegli anni era solo ed esclusivamente rappresentato dal terrorismo criminale.

In questi giorni – dominati dall’invasione violenta e cruenta della Russia nei confronti dell’Ucraina – drammatici e pur profondamente diversi da quel tempo, abbiamo assistito ed ascoltato altri slogan altrettanto pericolosi lanciati in alcune manifestazioni. E cioè, “né con Putin e né con la Nato”. Attenzione, nessuno mette in discussione la buona fede e la sincera passione di chi partecipa alle manifestazioni a difesa della pace e della democrazia e contro ogni sorta di dittatura, di violenza e di regimi autocratici. Ma, con altrettanta chiarezza, va pur detto che quando ci si trova di fronte a situazioni che richiedono scelte nette, chiare e trasparenti, ogni sorta di “terzietà” rischia di mettere in discussione proprio quei principi che giustamente vengono evidenziati e urlati di fronte alla pubblica opinione. E, sotto questo versante, la presa di distanza dalla Nato in un contesto storico dove riemerge in tutta la sua forza la volontà imperiale e dispotica della ex Unione Sovietica, alimenta una sensazione di equidistanza che non aiuta a difendere i paesi democratici da un lato – nello specifico i paesi occidentali – e che, al contempo, mette in crisi anche paesi tradizionalmente neutrali dall’altro.

Ecco perché, a volte, dietro al ripetersi di alcuni slogan, seppur in epoche storiche e fasi politiche profondamente diverse tra di loro, si corre il serio rischio di mettere in discussione alcuni caposaldi decisivi del nostro impianto democratico. Certo, sappiamo perfettamente che alcuni slogan sono anche il frutto di una impostazione ideologica che affonda le sue radici in una concezione dogmatica che persiste al di là dello scorrere del tempo. E alcune parole d’ordine degli anni ‘70 e ‘80, guarda caso, vengono quasi ripetute meccanicamente in un contesto profondamente diverso come quello contemporaneo. Non era concepibile, ai tempi del “caso Moro”, mettere in discussione il ruolo e il compito dello Stato nel tutelare l’ordine e la sicurezza del nostro Paese contro l’offensiva violenta e terroristica dei brigatisti. E così oggi prendere le distanze dalla Nato, pur senza trasformarlo in un totem ideologico, rischia di indebolire la difesa e la salvaguardia dei paesi liberi, democratici e pluralisti. Non si tratta di dibattiti ideologici o fumosi o astratti ma, al contrario, della salvaguardia della convivenza libera e democratica contro potenziali offensive violente e sempre più drammatiche.

Attenzione, quindi, agli slogan che vengono lanciati e che vengono urlati. A volte, anche inconsapevolmente, possono incrinare la solidità e le stesse fondamenta della nostra democrazia.

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