Prima il partito, poi le alleanze

Con l’avvicinarsi delle elezioni nazionali si fa sempre più incandescente il capitolo delle alleanze con cui ci si presenterà di fronte ai cittadini. Certo, ad oggi non conosciamo ancora quale sarà il prossimo sistema elettorale. Purtroppo, questo è un vizio ricorrente della politica italiana. Ovvero, le regole elettorali cambiano a seconda delle convenienze di chi in quel momento è al governo. Un metodo alquanto anomalo e singolare perché non risponde al “bene comune” della politica – nel caso specifico alla salute del sistema politico – ma solo e soltanto al tornaconto momentaneo delle singole forze politiche. Nulla a che vedere con la serietà e la compostezza della prima repubblica quando il sistema elettorale era l’ultimo dei problemi dei partiti di governo perché le regole del gioco non venivano messe in discussione con le furbizie e gli escamotage strumentali che invece hanno caratterizzato il comportamento politico concreto della cosiddetta “seconda repubblica”.

Ma, per tornare al tema delle alleanze, è indubbio che la geografia politica è cambiata radicalmente in questi ultimi anni. La pandemia prima e, soprattutto, la guerra russo/ucraina dopo hanno, di fatto, mutato in profondità i tradizionali assetti politici. Il vecchio centro sinistra e il vecchio centro destra rischiano di appartenere ormai ad un lontano passato difficilmente riproponibile nella sua versione meccanica e statica. E questo perché la sinistra alleata organicamente con il populismo antipolitico, demagogico, giustizialista e manettaro dei 5 stelle è difficilmente catalogabile sotto il segno di una alleanza autenticamente riformista, democratica e di governo. Come, specularmente, un centro destra caratterizzato dalla deriva sovranista – sempre meno credibile e, fortunatamente, meno vistosa ed ostentata del passato – non potrebbe essere una coalizione politicamente credibile ed affidabile a livello nazionale ed europeo.

Ecco perché la formazione politica di “centro” che si sta delineando e definendo a livello nazionale non può che coltivare l’obiettivo di rafforzarsi sotto il profilo politico e programmatico e poi, ma solo in un secondo momento, costruire e consolidare un’alleanza politica credibile e coerente. Sotto questo versante, la vera sfida politica e culturale resta quella di indebolire e ridimensionare la spinta e la deriva populista – in particolare quella di matrice grillina – per favorire, al contrario, la costruzione di una coalizione squisitamente riformista, democratica e di governo. Perché, alla fine, una coalizione è credibile e seria solo se non deve essere sottoposta ai raggi x sia a livello nazionale che a quello europeo per la sua scarsa se non nulla affidabilità politica e programmatica. Una questione persino troppo nota per essere ancora ulteriormente descritta ed approfondita. Ed è proprio questa la vera sfida ed ambizione del partito di centro nel nostro paese che vuole declinare, al contempo, una altrettanto autentica e credibile “politica di centro”. Se si pensa, al contrario, di definire da subito il campo in cui si vuole giocare – per adoperare un linguaggio calcistico – si fa un doppio errore. Da un lato si consolida da subito un ruolo gregario e marginale del “centro” e, dall’altro, resterebbe inalterato il quadro politico con due coalizioni che non fanno altro che riproporre, seppur in termini diversi rispetto al passato, la logica e la cultura degli “opposti estremismi” caratterizzati dall’unico obiettivo di delegittimare e distruggere politicamente lo schieramento avversario o nemico.

Per questi semplici motivi, adesso, il “centro” politico, culturale e programmatico si deve caratterizzare in modo autonomo. Dopodiché, a bocce ferme e con un sistema elettorale certo, si costruirà la coalizione credibile e affidabile sotto il profilo politico e di governo. Perché la vera ambizione resta quella di archiviare definitivamente ed irreversibilmente la cultura, la prassi e la deriva populista ed antipolitica che era e resta il vero pericolo per il consolidamento e la conservazione della nostra democrazia e la stessa tenuta delle nostre istituzioni democratiche.

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