Preferenze, collegi e liste bloccate

In Italia persiste un pessimo vizio politico, tra i tanti che si potrebbero citare. E riguarda il puntuale cambiamento della legge elettorale alla fine di ogni legislatura. Un cambiamento che, di norma, favorisce i partiti che la patrocinano a danno di chi è all’opposizione. Ora, è indubbio che la situazione attuale è un po’ diversa perché in un governo di unità nazionale praticamente l’opposizione non c’è più ma, comunque sia, non manca la volontà di modificare il nostro sistema elettorale.

Tutti noi sappiamo che la legge elettorale è in grado di modificare in profondità lo stesso sistema politico. Perché con le leggi elettorali nascono e muoiono partiti, emergono e cadono leader politici e, soprattutto, si costruiscono o meno coalizioni compatte e credibili. Perché, per fare un solo esempio, se con il maggioritario secco o prevalente le coalizioni si formano prima del voto e somigliano sempre più in Italia a dei pallottolieri o a dei cartelli elettorali, con il proporzionale le alleanze si formano dopo il dopo e, di norma, non ci sono regole ferree e definite nel costruirle.

Ma, al di là del sistema elettorale – che, come diceva il mio “maestro” politico Carlo Donat-Cattin “è la madre di tutte le riforme – quello che conta ai fini della composizione del Parlamento è come si votano e come si scelgono i parlamentari. Tema non indifferente perché attengono anche e soprattutto alla qualità della democrazia e allo stesso rapporto tra i cittadini e la politica.

Ora, al riguardo, sono sostanzialmente tre i modelli a cui si può fare riferimento. I parlamentari si possono scegliere con la preferenza unica – indubbiamente il sistema peggiore per i costi che comporta e per le divisioni che provoca all’interno dei partiti e delle coalizioni –, o con i collegi uninominali o attraverso le cosiddette “liste bloccate”. A seconda di queste tre modalità tecniche si capisce anche come si costruisce il rapporto con i cittadini che si recano ai seggi.

Se il sistema delle preferenze apparentemente appare il migliore perché permette al cittadino di scegliersi il suo rappresentante, è indubbio che oggi dietro quella patina di democrazia si nascondono alcune trappole. Innanzitutto, il costo della campagna elettorale perché se con le preferenze multiple – come avveniva ai tempi della prima repubblica che è durata quasi 50 anni – è possibile costruire delle alleanze e delle collaborazioni politiche concrete all’interno dei singoli partiti, con il sistema della preferenza singola i costi della campagna elettorale lievitano sempre di più con il rischio, abbastanza concreto, di esporsi anche ad episodi di corruzione e di malcostume politico. In molte aree del paese e non solo in quelle più tradizionalmente vulnerabili sotto questo profilo.

Il metodo delle cosiddette “liste bloccate” è persin troppo noto per essere descritto. E cioè, le liste vengono stilate dalle segreterie centrali dei partiti e, di conseguenza, c’è un controllo scientifico e ferreo dei futuri eletti. Un meccanismo che in questi ultimi anni ha avuto il sopravvento per un motivo molto semplice: ovvero, scomparendo di fatto i partiti organizzati sostituiti dai partiti personali e dai cartelli elettorali, la selezione della classe dirigente si è ridotta al criterio della “fedeltà” e della sottomissione nei confronti del “capo” politico di turno. Un meccanismo, quindi, che non si espone al rischio della corruzione e del malcostume ma che, al contempo, priva il cittadino della reale scelta dei suoi rappresentanti.

In ultimo resta la modalità forse più funzionale e sicuramente più efficace. Ovvero, il metodo del collegio uninominale. Sia che prevalga il sistema maggioritario e sia che si scelga quello proporzionale. Nel primo caso il ricordo va al cosiddetto “mattarellum” che ha fatto il suo esordio nel nostro paese con le elezioni del 1994 ed è scomparso con l’introduzione del “porcellum” e delle liste bloccate in occasione delle elezioni del 2006. Nel secondo caso il sistema sarebbe quello delle vecchie Provincie dove la competizione era all’interno del partito di appartenenza ma non attraverso il sistema delle preferenze o della preferenza unica ma con quello dei collegi uninominali.

Comunque sia, quello che conta principalmente è che il cittadino deve ritornare protagonista nella scelta dei suoi rappresentanti alla Camera e al Senato. Qualunque altra scelta, purtroppo, rischia di ratificare decisioni assunte nelle segrete stanze dei partiti. O meglio, della stanza del capo partito di turno.

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